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In questa sua ultima silloge, “La nudità”, Di Spigno estende lo sguardo in due direzioni solo in apparenza opposte, il fuori e il dentro di sé, e lo fa con versi lunghi e piani che sfogliano, pagina dopo pagina, l’interiorità del poeta, prendendo l’avvio da sguardi posati sul mondo che lo circonda, come fosse un mare nel quale, una volta immersi, non è possibile non nuotare. Ecco allora una delle caratteristiche che a mio avviso distingue la poetica di Di Spigno, la sua capacità di partire, nel fare poesia, dall’osservazione di oggetti o situazioni di immediato vissuto, come se questi fossero pitture allegoriche rimandanti ad altri significati. Usa la narrazione in versi come le dita di una mano utilizzate per penetrare un frutto maturo fin nella polpa per aprirlo spaccandolo. Allo stesso modo il poeta seziona la realtà, la spacca, mostrandone il centro, attraverso una semplice, e proprio per questo profondissima, meditazione, che ha come cifra costante una malinconia quasi ineluttabile, residente – forse una caratteristica della sua Musa – nel poeta e che prende forma nell’immaginazione grazie ad una energia vitale che attinge a ricordi anche di personale sofferenza (“Hanno passato mesi a guardarmi la faccia, a vederla / cambiare nel sonno, a chiedermi cosa facevo prima di / quella brutta caduta nel silenzio e nel buio senza ritorno. / […] / Ora dovranno dirmi quando tornare e quali sono / le cure per casa, mettermi un foglio in mano / per i medicinali, un cellulare e le ore buone per guarire / […]”. Pagina 63).
Altro elemento importante del libro è, quindi, l’abbinamento realtà-immaginazione, un’immaginazione che s’innesta perfettamente nella realtà in soluzione di continuità, diventando essa stessa quasi reale (così appare al lettore) quando assorbe energia dalla memoria o dagli oggetti reali davanti allo sguardo del poeta. Di Spigno sembra riuscire a mostrare empiricamente, nella sua poesia, come ricordo e immaginazione altro non siano che un prolungamento della realtà e viceversa, che il poeta è membrana di osmosi tra questi due fluidi a densità diversa di vissuto. Viviamo più spesso nella realtà o nell’immaginazione e nel ricordo? A questa domanda non so dare risposta, sta di fatto che il poeta Di Spigno, in particolare, ci rende fluidi l’andata e il ritorno tra questi due stati esistenziali della mente. (“Come un mare non ancora potato né descritto / strappa via da sé ogni alga e corallo / e resta nudo come fosse stato dragato /mentre arriva pianissimo la pagina // ma dopo è difficile parlarne / di questa creatura che dorme al sole / senza pensare a persone che hanno strappato da sé la propria vita // con un ferro rovente o una tenaglia / da criminale, senza un vero motivo, / solo per farsi più male o perché l’hanno sentita / questa voglia di annullarsi per essere obbedienti // pensiamo a negozi con la serranda a mezz’asta / a barche capovolte sotto il pelo dell’acqua / a uomini colpevoli come me, insomma, / che ancora di questa colpa chiedono ragione”. Pagina 57). Altro aspetto interessante della raccolta in oggetto è il fatto che l’autore è capace di importanti analisi, e quindi anche di auto-analisi, nello spazio di una sola poesia, o addirittura di un solo verso. Ma, nonostante questo, Di Spigno non cade mai nella eccessiva introspezione, rischiando il solipsismo, ma doma il verso tenendolo sempre ad un livello di evidenza oggettiva davanti allo spirito umano, il quale è in continuo confronto con gli atti che scaturiscono dall’azione congiunta di mente, corpo e coscienza, fatto che può ingenerare un cosciente senso di colpa nascosto nell’ombra dell’inconscio.
Ma è la descrizione interiore ed esteriore dell’uomo moderno, quella che scaturisce da queste pagine, rendendo così “La nudità” un testo antropologico. Infatti, come il titolo stesso ricorda, l’uomo dovrà porsi, prima o poi, nudo davanti a sé stesso e al resto dell’umanità, ed accogliere una diversa percezione di sé nella nudità dell’altro, prendendo consapevolezza che, in fondo, al termine di ogni atto, reale o immaginato, “siamo niente”: “[…] / Ma è in te che li porto questi fiori / come è vero che non c’è altro motivo / che farti entrare in questo libro facile e vicino / che ti cerca e ti trascina nel tuo mondo / non per restarti in cuore, come in fondo vorrebbe, / ma per dirti chi eri e cosa hai perso / per diventare qualcuno o qualcosa, / mentre siamo niente, fratello, siamo niente”. Pagina 72. Parole che risuonano quasi come un monito “Ai poeti del secolo 21” – che è il titolo della poesia.
Di Spigno è un uomo che ha “Fiducia”, una fiducia che ha radici nel passato, da dove attinge ad un’acqua sorgiva; è contagiosa, ed è oro, in un mondo moderno a volte strambo, deformato da assurde arie di competizione tra uomini “simili a noi”, e che ci mette a disagio. L’autore ci porta a recuperare forze nel mondo fantastico della fanciullezza, dove è ancora possibile essere vergini e non doversi sentire a nessuna altezza: “A volte alle spinte del vento guardo ritagliarsi / il registro di tutta la mia vita: noioso, senza senso, / […] / non è facile sentirsi all’altezza / di uomini simili a noi, non ne sono sicuro, / forse è per questo che solo di me / riesco a parlare: […] / Le foto da bambino ormai mi appartengono / ma gli amici e tutte le altre compagnie / sono troppo grandi per ora, le tengo fuori.” Pagina 60.

Molto ci sarebbe da dire de “La nudità”, soltanto a partire dal titolo. E’ una raccolta di versi che, evidentemente, nasce da un cuore umano ricco di composite esperienze sensoriali esteriori e interiori che trovano la loro bella forma espositiva nell’arte poetica. Un libro che ho voluto rileggere molte volte perché la Musa che l’ha ispirato sembra non averlo fatto a una sola voce, bensì a molte voci e su toni differenti: vi sono vibrazioni armoniche fondamentali sovrapposte a dare origine all’unico suono che è la bellezza della poesia che emerge da queste pagine. Assolutamente da leggere per contenuto e forma di scrittura.


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 leopoldo attolico - 28/06/2011 16:25:00 [ leggi altri commenti di leopoldo attolico » ]

La solitudine di Stelvio è la nostra , quantomeno sorella di chi scrive confrontandosi con un’idea di bellezza e di autenticità latitanti , consegnate ormai soltanto al rumoroso silenzio delle parole che vanno a capo .
Le risorse linguistiche di S. sono evidenti , a volte sorprendenti nel loro incedere definitorio / colloquiale / antilirico , scopertamente fedele a un "io" votato più a dire che a dirsi e a farsi storia esemplare in cui tutti possano riconoscersi .
Nell’esperire generosamente questa misura vistosamente umana , risiede la preziosa cifra di una poesia cui è difficile negare solidarietà e sincera ammirazione , al di là di personali ideologie , canoni , ismi , poetiche ( e concomitanti riserve mentali ) .

- Con i complimenti a Roberto Maggiani , e con l’invito a leggere
il libro , che mantiene ampiamente le promesse e le premesse del
suo ( gagliardo ) recensore .

 Roberto Maggiani - 17/10/2010 22:38:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Ringrazio tutti per l’attenzione che avete avuto per Stelvio e in particolare per questo libro presentato dalle mie parole che necessariamente e per scelta sono lontane dal critichese, perché la poesia, essendo umana, è importante avvicinarla umanamente... In particolare ringrazio Pepe e Siti.

 Antonio Spagnuolo - 13/10/2010 17:34:00 [ leggi altri commenti di Antonio Spagnuolo » ]

Vivere per la poesia, e per essa tessere le più azzardate reti del pensiero, diventa il riferimento consolidato della sfumatura irraggiungibile del sogno.
Stelvio è ubriaco di versi, è ubriaco di parole, è ubriaco di fabulae , per cui ogni riferimento alla realtà quotidiana si arricchisce, senza che egli nemmeno lo immagina, di un colorato orizzonte, che è una indubbia simultaneità verbo-visiva dai contorni frastagliati si, ma ben dettagliati.
Qui il suo bagaglio sembra appoggiarsi con cautela ad un ritmo discorsivo che fa delle sue poesie il ricco esprimersi di tutta la fantasia che lo circonda , sia per quel calibrato dettato che lo contraddistingue, sia per il fervore delle meditazioni che sottende.
Egli rincorre il dialogo che la solitudine invoca, con energia vibrante, per esprimere quel che i sentimenti suggeriscono sotto la cenere: testimonianza importante perché compartecipazione evidente di un messaggio suggerito e contemporaneamente taciuto nella regolare cadenza della tensione emotiva.
“Le palpebre chiuse hanno a volte un bordo esatto,/ un incubo a misura di persona, e come sempre/ il tuo volto che risale / verso ogni mio pensiero/ chiuso dentro il tuo spavento,/ ma a occhi chiusi posso ancora sognare che sei qui,/ che hai lasciato uno spiraglio per riavermi/ e non girarmi le spalle, / e per dimenticarmi solo a tratti/ hai riempito di odio l’insidia mossa insieme/ e dell’amore conservi soltanto qualche scoria.”
Confessa il male di vivere , il tormento della speranza, che alimenta nelle ripetizioni una poesia pregna di agglutinazioni , tali da rendere ogni pagina un prelievo psicologico dentro al divenire – testuale – del mondo. Passaggi tra il vortice dell’aura ed il superamento di una dimensione individuale, tra mistero e fascino, quale misura di un modello stilistico ben delineato.Seguo con affetto il suo crescere nella ricerca e nella scrittura, a volte fulminante e quasi sempre sicura.
Antonio Spagnuolo

 Walter Siti - 13/10/2010 12:39:00 [ leggi altri commenti di Walter Siti » ]

Complimenti al recensore, ha dato una grande prova di comprensione dell’opera e ha il dono di non parlare in "critichese". Così dovrebbe essere la vera critica letteraria. Bravo!

 Irene Vallone - 10/10/2010 20:53:00 [ leggi altri commenti di Irene Vallone » ]

Accostarsi alla lettura di un libro di poesia dopo una recensione esaustiva, chiara e bella, non può che invogliare il lettore attento ad un lavoro di introspezione sui testi per cogliere l’anima del poeta, essenza scevra di condizionamenti, fulcro e simbiosi di un coacervo di esperienze, bellezza e tormenti di vita vissuta intensamente. Leggere è conoscersi, aprirsi ad un universo che altrimenti resterebbe insondato.

 Sergio Pepe - 10/10/2010 13:02:00 [ leggi altri commenti di Sergio Pepe » ]

Il libro si rifà a storie di vita concluse, quindi ci mette in relazione con tutte le cose finite e passate che nel bene e nel male ci portiamo dentro. Maggiani lo dice con un chiarezza ed è questo il tratto che più unisce la recensione al libro.

 Magda Raffa - 09/10/2010 18:29:00 [ leggi altri commenti di Magda Raffa » ]

Ho letto qesto libro e altro di Stelvio Di Spigno....La sua poesia è profonda, intrigante, introspettiva! E’un misto di passato e presente che si riflettono nel futuro. Come dice Roberto Maggiani, è un mettere a nudo se stesso e un confrontarsi continuamente con la "nudità" di ciò che lo circonda: la realtà, la famiglia, gli amici, la VITA!!! Bel libro!!

 Loredana Savelli - 09/10/2010 13:46:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Commento il tuo commento: è certo che non sei solo nel tuo cammino esistenziale e poetico! Come e dove si può acquistare il tuo libro? Ho letto altri tuoi testi, molto apprezzati, su questo sito e la recensione di Roberto Maggiani è una garanzia di qualità. Complimenti.

 Stelvio Di Spigno - 09/10/2010 10:52:00 [ leggi altri commenti di Stelvio Di Spigno » ]

Voglio ringraziare, ed è questa, non potrebbe essere che questa, la sede migliore, Roberto Maggiani per aver accettato di "entrare" nel mio libro. Non solo perché l’entrata e la coabitazione di testo e lettore sono delle prerogative indispensabili al confronto letterario, ma perché, nel mio caso, era un pò più difficile farlo. "La nudità" non ha chiavi di lettura e non sposa alcuna poetica di repertorio; racconta dello stato di un individuo che sente sotto di sé i ricordi, l’umanità, la propria civiltà sgretolarsi. Accettare di camminargli accanto è arduo, sebbene sia la massima aspirazione dell’autore quella di non sentirsi (meglio, non essere) solo. Un grazie anche alla cara comunita de La Recherche che ha permesso questo incontro per il quale, sì, oggi mi sento davvero un pò meno solo.

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