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Titoli di coda

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Se qualcuno avesse chiesto in città di quella storia, nessuno avrebbe saputo rispondere. Non la conoscevano, suonava strana e assurda a sentirsi, e nemmeno si sarebbero incuriositi sentendola raccontare. Nemmeno si sarebbero incuriositi…

Lei si chiamava Astrea ed abitava in viale delle Acacie, in un palazzo ricoperto di edera con una torretta antica dalla quale si divertiva a giocare con il suo fratellino più piccolo. Pirati, navi spaziali, principesse, balli di corte e vecchie canzoni! Se ne immaginavano tante in quella casa, inseguendosi tra i corridoi, ammirando il mare in lontananza e sognando un giorno di fuggire a cavallo di un rampicante albero verde con fiori blu a forma di carrozza, trainato da mille e mille margherite rosa e viola a forma di delfini.

Sin da piccola, aveva ricevuto una strana educazione cinematografica. Non tanto in fatto di gusti, quanto in fatto di percorsi.

“Mamma! Perché non andiamo nel cinema vicino casa? Mi fanno male i piedi!”

“Un giorno te lo dirò! E poi guarda! Siamo quasi arrivati!”

“Si ma quell’altro era più vicino casa! Non dovevamo prendere la metro!”

Ogni volta era questo, traversate di strade, vicoli e quartieri per un film, e Astrea non riusciva a comprendere il perché. Perché i chilometri per un cartone animato. Perché quattro fermate per un musical. Perché l’autobus per un film romantico. Era uno spreco di tempo e di fatica, alla fine tutti i cinema trasmettevano gli stessi spettacoli più o meno alla stessa ora. Non c’era un cinema diverso dagli altri, anzi, in sostanza erano tutti uguali, cambiava solo l’ubicazione.

Gli anni passarono, l’adolescenza, gli amori, le preoccupazioni, le solitudini, i pianti… e così quando poteva si rifugiava nei cinema più sperduti, da sola, a commuoversi per quelle trame e quelle storie così simili e dissimili dalla sua vita. Amori infranti, amori impossibili, amori incatenati, sognatori in fuga, sognatori in catene, lunatici, depressi e scrittori. Pazzi, matematici, artisti e bohémien.

Titoli di coda.

“Guarda che non è tutta finzione eh…”

“Come scusa?” si voltò Astrea.

“Dicevo, non è tutta una finzione. Il film non è finzione, è verità”

“Sì, ma smette di esserlo quando esci dalla sala per ritornare alla tua vita!”

“Perché sei tu a deciderlo. Potresti benissimo essere in un film in questo momento e non te ne accorgeresti nemmeno!”

“Ma scusami, chi sei?”

“Oh nessuno, un amico del cugino del nipote dello zio del proprietario del cinema!”

“Se, vabbè… ciao!”

“Ti sei mai chiesta perché fai i giri di tutti i cinema?”

“Mia madre… e tu come lo sai? Mi segui?”

“In realtà sei tu che segui me!”

“Non è vero. Non so nemmeno chi sei, come potrei seguirti?”

“Dimmi tre titoli di film in cui vorresti vivere!”

“No.”

“Guarda che è una domanda seria!”

“No. Addio.”

Astrea uscì dal cinema, girandosi dietro diverse volte, sperando e cercando di non essere seguita da quello strano ragazzo, ma di lui non c’era traccia tra i vari spettatori. Camminò ancora un po’, e poi, quando fu sicura, si avviò verso casa ammirando il cielo, tardando il suo ritorno e immergendosi già nei suoi tristi pensieri quotidiani.

Titoli di coda.

“Allora, hai pensato ai tre film?”

“Che ci fai pure in questo cinema?”

“Sei tu che mi segui!”

“No, sei tu che mi segui!”

“I tre titoli, su!”

“Se te li dico, giuri che mi lasci stare?”

“Potrei…”

“L’incantesimo del lago, Midnight in Paris e Edward Mani di Forbice.”

“Pensavo peggio!”

“Come?”

“I tuoi gusti! Pensavo peggio!”

“Sentiamo i tuoi, allora!”

“Allora… Otto e mezzo di Fellini, C’eravamo tanto amati di Ettore Scola e Moulin Rouge!”

“I primi due non li conosco!”

“Ciao, è stato un piacere conoscerti!”

Quello strano ragazzo fece finta di andarsene e Astrea, ridendo, lo fermò.

“Dai, fermati! Rimedierò!”

Si guardarono.

“Come ti chiami?”

“Astrea!”

“Ha un ché di divinità greca…”

“Infatti è così! E tu?”

“Puoi chiamarmi Christian!”

“Come Mr. Moulin Rouge?”

“Esattamente…”

Ormai il gioco era quello: andare nel cinema più sperduto e vedere se il fantomatico ragazzo dei film sarebbe riuscita a raggiungerla. E lui lo faceva. Sempre.

Titoli di coda.

“Questo era bello come film!”

“Mhm… mi è piaciuto poco.”

“Non capisci niente!”

“Sei tu il ragazzo del cinema, non io!”

Man mano, si conobbero sempre di più e puntualmente, alla fine di ogni spettacolo, iniziarono a darsi appuntamento allo spettacolo successivo di un altro multisala. E così via, e via, e via…

L’odore dei suoi capelli. Il candore della sua pelle. Le lacrime per un altro finale.

Ed un bacio mancato.

Titoli di coda.

“Scusami, non posso.” Lei disse.

“Capisco… No è normale. Ti capisco.”

“No è che per me tutto ciò è finzione. È una fuga, una fuga dalla mia realtà. Non è colpa tua…”

“Il cinema non è finzione.”

“Si, lo è. La mia vita non ha un lieto fine, non ha una linea precisa, non ha niente che abbia a che vedere con i film che vediamo. Noi qui sappiamo che ci siederemo, ci godremo un qualcosa di brutto o di bello, che ci farà commuovere oppure no, ma abbiamo la certezza che dopo un’ora e mezza o due, tutto sarà finito. Tutto. Mi dispiace… ma la vita non è un film.”

“Perché sei tu che la vedi così, e finché la vedrai così, non potrò fare nulla per aiutarti. Mi dispiace.”

“Quindi questo è un addio?”

“Non lo so.”

Astrea si alzò, singhiozzando, andandosene dalla sala.

“Astrea…” la chiamò per un’ultima volta “Sai perché tua madre ti faceva fare il giro dei cinema?”

“Perché?”

“Perché il vero spettacolo, il vero film era il percorso che condividevate, i momenti scambiati assieme... non quelli in sala.”

Se ne andò. Uscendo da quel cinema. Facendo uscire il ragazzo del cinema dalla sua vita.

Alcuni dicono che si ritrovarono dopo tanti anni in vecchiaia ricordando i film andati, altri dicono che non si rividero mai più.

Titoli di inizio.

“Ho pensato a quello che mi hai detto…” disse Astrea.

Era tornata per lo spettacolo successivo.

“E?” chiese Christian.

“E niente. Avevi ragione. Godiamoci lo spettacolo…”

Un bacio che perdurò per infinite pellicole.

 

Se qualcuno avesse chiesto in città di quella storia, nessuno avrebbe saputo rispondere. Non la conoscevano, suonava strana e assurda a sentirsi, e nemmeno si sarebbero incuriositi sentendola raccontare… ma se qualcuno avesse chiesto loro la trama di quello strano film, tutti avrebbero fatto a gara a raccontarla. Il film del ragazzo del cinema e della ragazza che riprese a vivere.

 

 

 

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