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Fedele all’invisibile

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La spinta che diffonde quando è ora

è tutta qui

se nel farsi  preghiera  muove l'aria

col goccio di saliva trattenuto

dal sogno di stanotte-

sino a rendere pesanti i nostri occhi 

                                 come frutti-

 

maternità  tra l'intimo dell'acqua

e la coppa che raccoglie la sua origine-

le terre emerse  è Noi. Mio sposo

 

          ...la mia Jebel.  ti mostro,
i suoi colori
lungo il perimetro dei  fianchi,
circondata da due fiumi, una segesta,

mentre scende nella yurta
coi suoi capelli d'oro silenziosa

ti racconto della casa

fatta come il ventre di una madre

con un corpo nomade  che viaggia

sulla schiena errante senza chiodi

solo Geni che si baciano a raggiera

e una finestra in cielo pitturata,

una corona e  come gioco il giragira:

consonante-vocale consonante-

 “Fammi frusciante il Tamashek !

il verso nasale dei Tuareg, con l'ewè,

la lingua dei bambara, eppoi lo schiocco”

ridiamo come stessimo pregando!-

 

Ti celebro così dentro i paesaggi

come in fondo al vuoto del mio letto

nell’esatta simbiosi della gioia

madre dalla lunga voce- 

fango che dorme nella luce

con tutto il silenzio fuori dal torace 

della carne, allo scoperto.  Amo.

 

Ciò che nasce non è altro

da questo uccello azzurro nei polmoni

con il dorso carico di latte

“Cosa vedono i tuoi occhi, Aman,

quando vai a fare i fiori..

la porta stretta di una retina dove s'inginocchia il cielo
quando non arriva in cima ? la sua parte di luce

                                   è  quel prodigio

fedele all’invisibile

nel rosso della gola fino a sera-

 

una piaga battuta dal mattino

nell’urlo che viene,

 la gemma che cerca

la lingua in un punto,

il suo latte,

 solo quello può essere:

                     una parola che ride-

che viene a morire nel gesto

per disegnare un respiro

riportando il campo di una lacrima

nella radura da cui riparte il filo

che appena visibile cammina

sul buco di dolcezza della yurta

 

si espande e si contrae,

ti assorbe

lo spiraglio che moltiplica l’amore

nel continuo movimento di un miracolo

librandosi nel cielo come un figlio,

a comporre la sua voce. Va alla gioia.

 

 Paolo Ottaviani - 25/03/2016 21:30:00 [ leggi altri commenti di Paolo Ottaviani » ]

...“Cosa vedono i tuoi occhi...?...quel prodigio fedele all’invisibile"... Grazie Amina!

 Liliana Zinetti - 23/03/2016 15:21:00 [ leggi altri commenti di Liliana Zinetti » ]

Notevole e non posso che confermare quanto detto nel commento sopra.
Testo di non facile comprensione, ma talmente ricco di immagini suggestive da commuovere, il mistero che ogni poesia reca in sé. L’incanto di Amina, delle sue parole che muovono dentro, come ali.

 Gil - 22/03/2016 18:44:00 [ leggi altri commenti di Gil » ]

C’è un miracolo nascosto in questa poesia, o meglio: nella lingua poetica di Amina ( e si manifesta con potenza al ritorno dagli haiku, che pure non la trovavano estranea alla sua grandezza), come il miracolo segreto delle foglie, offerte alla masticazione del viaggio o alle schiene affaticate e rese chine dalla vita; sicché in precomprensione intellettuale, il cuore di chi legge affoga nella luce chiara delle immagini o nella sapienza antropologica di un sapere, assunto in sé parola ventre di una madre, lo porta alla bocca dei suoi figli, con "la porta stretta di una retina dove s’inginocchia il cielo" (sublime passaggio), affinché coi passi che smuovono la polvere, vedano l’orizzonte oltre la luce e nella notte del viaggio, osano l’invisibile nella voce di una donna ancora madre.

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