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Poeta

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Anema

            anema mia

è un pieno momento di deriva

                                                quel che ora a mente segno

che fa seguìrm'el serpeggiar

di quèst'usàte strade

 

momento di lichene

                                atto lo sai a gente di ventura

 

Lontan dal guardo irrancidoso

che si coltiva 'l villico mansueto

                                                    guarda li suoni

ch'apro di mia mente

                                  guarda

e scopriti d'oro ricoperta

                                       anema cara

a scudo di miseria che livella

 

E' aperta la mi' porta ora

                                       guarda il mio esser

ora

     che di questi suoni

s'è posto al centro manifesto

                                             ! s'è aperta

! vedi

 

E guarda ora

                     quel che son devenuto

anche per te che sai

                               s'è aperta, aperta, 'perta!

ed io mi trovo esser dirùto

                                 occhi pel prato

                                 chiave di violino

         mi trovo com'oro che forte coli sur silenzio

                        esser gabbia che s'è aperta, aperta, 'perta!

                                 pascio

 

Innamorato

 

 

(Tratta dalla raccolta "Varie ed eventuali",

autopubblicata nel 2002 e disponibile presso l'autore)

 Alberto Rizzi - 21/04/2016 17:19:00 [ leggi altri commenti di Alberto Rizzi » ]

Sì, proprio così, riguardo alla lingua; e - riguardo alle tue osservazioni - inserisco anche la riflessione sul fatto che la lingua (le lingue) sono qualcosa in continuo movimento, in continua trasformazione. Non esistono lingue "morte", finché anche una sola persona le parla.

Cerco quindi di dare il mio modesto contributo, nel far riflettere il lettore su queste a volte magmatiche trasformazioni: che non sono la supina accettazione di parole straniere, come tanto spesso accade da diversi anni qui da noi (non so all’estero); e che sono solo prova della vocazione al servilismo (causa ignoranza) della maggior parte degli italiani.

Mi sforzo, non di inventare nuove parole ma, ripeto, di far riflettere su come una lingua possa cambiare riformando, contraendo, sviluppando parole esistenti, riportando in auge certe ufficialmente dimenticate, prendendo a prestito a piene mani dai cosiddetti dialetti (e viceversa); e così via.

Quanto ad "Amadeus" e per non perdere il vizio della provocazione, a me è rimasta impressa soprattutto la tirata finale di Salieri, col suo inno ai mediocri: ma questa è cosa che sarebbe da sollevare nei confronti dei "moltiinpoesia" (come tu ben saprai), non qui...

 Angelo Ricotta - 21/04/2016 17:04:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

Chiaro. Scelte molto logiche e ben pensate. Il tedesco, ad esempio, fa grande uso di parole composte che a noi latini suonano strane come "arbeitszeitverkürzung=riduzione dell’orario di lavoro". Ho sempre sostenuto che un artista deve essere un matematico con un pizzico di follia. Il linguaggio ha una sua lunghissima storia che carica ogni parola ed espressione di certi significati. Modificare un tessuto così delicato è un’operazione difficile, da esperti. Si rischia di sfasciare tutto e di precipitare nell’incomunicabilità. Nel tuo caso questo rischio è stato evitato. Anch’io sono sempre alla ricerca di uno stile che mi permetta la massima capacità espressiva. Credo che queste siano le domande da porre ad un artista. Che vale prodursi in lodi sperticate quanto generiche? Importanti invece sono i meccanismi attraverso i quali egli cerca di comunicarci qualcosa. Interessarsi di questi è, per me, il massimo complimento che si può fare ad un artista. Ho in mente il dialogo Salieri-Mozart sulla composizione del Requiem in Amadeus.

 Alberto Rizzi - 20/04/2016 20:29:00 [ leggi altri commenti di Alberto Rizzi » ]

Una bella domanda, Angelo; ogni tanto qualcuno me ne fa una... Data la complessità, suddivido in due la risposta.

1) Parole composte, accenti, ecc.
Con le parole composte (ma anche con quelle storpiate, arcaicizzanti e così via) mi ripropongo di aumentare la musicalità - o l’antimusicalità - del componimento, cercando a volte di guidare nel contempo l’attenzione del lettore, verso quelle parole o versi che considero importanti all’interno della lirica. La presenza di queste soluzioni dipende anche dal tipo di testo che sto scrivendo. A parte "Luoghi accettati" (vecchia raccolta "sacrificata" alla sperimentazione di questa tecnica e della quale non ho ancora inserito qui alcuna lirica), vi sono raccolte (come l’inedita e ancora in corso di scrittura "Immanenze e persistenze") nelle quali queste soluzioni non sono quasi presenti; e altre (come "Monstra", incentrata sulle deformità fisiche, tre liriche delle quali sono presenti in questa mia pagina) nelle quali abbondano.

Gli accenti servono a quello per cui sono stati creati, cioè a indirizzare il "peso" della pronuncia, dove è giusto che vada: e li ritengo per questo indispensabili proprio nelle parole composte, visto che non sono certo di uso comune.

Infine la collocazione di certi segni d’interpunzione. Sono partito anche in questo caso dai copioni, nei quali punti esclamativi e interrogativi sono spostati ben avanti la fine della frase di riferimento, in modo da indicare all’attore il tono giusto della frase. La scelta che ho operato - quella sì - è stata ispirata appunto alla grammatica spagnola. Questa soluzione è dunque un "avvertimento" al lettore, che sta per trovarsi di fronte una domanda o un’esclamazione.

2) La disposizione dei versi.
Avendo abolito quasi del tutto la punteggiatura, ho deciso che il ritmo di lettura doveva esser dato visivamente dallo spostamento dei versi e dall’interlinea: spostamento in orizzontale per le virgole; interlinea a 1,5 per punto e virgola, due punti e (se c’è la maiuscola) punto fisso.
La cosa divertente è che - per esperienza - se qualcun altro legge "dal vivo", fa quello che vuole... Ma questo non significa che il senso della poesia vada perso: anzi alle volte se ne aggiungono di nuovi.

Spero di aver soddisfatto la tua curiosità e torno a ringraziarti per la domanda.

 Angelo Ricotta - 20/04/2016 05:43:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

Ho notato che ti piace agglutinare le parole (più in altre che in questa poesia), evidenziare gli accenti tonici, mischiare dialetti e anche spostare certi segni di interpunzione (ho presente ! s’è aperta, ecc.) un po’ alla maniera dello spagnolo in cui però ce ne sono due. Inoltre dislocare i versi con una particolare geometria. Vorrei sapere che ti prefiggi con queste operazioni formali, quali effetti vuoi ottenere?

 Alberto Rizzi - 19/04/2016 15:12:00 [ leggi altri commenti di Alberto Rizzi » ]

Ti ringrazio;

qualsiasi feedback anche sulle mie altre poesie è benvenuto.

 Salvatore Pizzo - 19/04/2016 14:24:00 [ leggi altri commenti di Salvatore Pizzo » ]

Avvolge e risucchia,proprio come una porta aperta straboccante di luce...
Bella
Un saluto

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