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al testo di Fiammetta Lucattini
La carit seconno Angelica
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Ancora me fa strano, me prenne l'emozione quanno viè er giorno de la processione. Eppure l'anni ormai me stanno su le spalle, hai voja ad aggiustasselo sto peso, tutti i giorni diventa più ingombrante, come 'n sacco ogn'istante me sta appeso. Servo la chiesa 'n po' come perpetua, come coperatrice, adesso puro come venditrice. C'è sta tanta robbetta ar mercatino de la carità e mentre che aspettamo la Madonna granne, dorata, tutta rosa e fiori provamo a fa' du' sòrdi pe i poveri più poveri mollanno quattro stracci ai poveretti. Direte, "Che vor dì?". E' la solita solfa de sto monno: sortanto chi c'ha poco è adatto pe donà.
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Silvia De Angelis
- 25/05/2016 16:34:00
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Grande verità in questi piacevolissimi versi in vernacolo... Ciao Fiamma,silvia
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Fiammetta Lucattini
- 25/05/2016 11:02:00
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A questa poesia tenevo particolarmente perché legata a un mio vissuto nellambito di una grande parrocchia, quindi ringrazio le amiche che hanno evidenziato questi versi. A te, Marco, poi, un grazie particolare: è vero, una delle persone che mi sostiene di più in questo periodo è una colf romena, per la quale quasi non basta la mia gratitudine. Grazie, poi, daver notato che la scelta del romanesco si lega al mio diktat sociale.
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Marco G. Maggi
- 25/05/2016 10:15:00
[ leggi altri commenti di Marco G. Maggi » ]
In tutta la mia vita ho ricevuto solo dalle persone umili, e non parlo tanto di beni materiali, bensì di qualcosa di ben più profondo e spesso essenziale. Luso del vernacolo, che personalmente amo molto, ben si adatta a questa poesia perchè il vernacolo è proprio la lingua del popolo.
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Loredana Savelli
- 24/05/2016 16:19:00
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Grande.
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Sara Cristofori
- 24/05/2016 08:30:00
[ leggi altri commenti di Sara Cristofori » ]
totalmente condivisibile, solo chi sa la povertà capisce il povero... brava Fiammetta :)
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