Dopo, il mattino cominciò a vagare Intorno alla bellezza di una sola rosa alta sullo sfarinamento delle facciate e dei balconi sempre coniugati all’aria. L’inspiegabile mistero della persistenza del colore e del suo bellissimo aroma piovve sul convulso dolore degli occhi che guardavano il mistero del finire: il bagliore rossiccio della polvere là dove c’era il ricordo di tanti gesti buoni e di un nugolo di rondini volate via dal melograno verso il settentrione. Sul davanzale di quella finestra due bambine cantavano così allegramente, ieri, nella luce del sole che illumina adesso i profili irregolari dei muri come la loro scrittura infantile. Tutto si è spalancato alle parole “mai più”, ai fiumi che nella notte sono bende d’argento sulla fronte dei morti così fermi e silenti, sulla loro materia stanca che più non vacillerà di desideri. Io non posso, non posso altro che farmi conca che accoglie la breve fiamma delle vostre vite, lingua che mette in fila i vostri nomi come grani di un rosario d’amore. Posso restarvi accanto questa notte come una mandorla sgusciata, come un destino ineluttabile, un intimo sentimento primordiale. Quella rosa così rossa che cresce senza acqua, senza giardino, senza cura, ci ricorda che nessuno è al sicuro, che su tutto e su tutti sempre si stende lo struggimento di una bellezza solitaria, un bagliore di luce che si perde.
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Franca Alaimo
- 15/02/2017 12:17:00
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Caro Lino, avevi postato benissimo il tuo commento anche prima. Grazie per la tua sensibile lettura. Aggiungo che questa rosa svettava da un angolo di giardino di una casa distrutta dal terremoto ad Amatrice. Lho catturata in uno dei tanti servizi televisivi del Tg e mi ha colpito che non fosse stata affatto scalfita dal crollo. Se la rileggerai, capirai il riferimento alle due bambine che cantavano il giorno prima alla finestra, diventate spose del cielo, perché morte sotto il crollo.
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lino bertolas
- 15/02/2017 09:53:00
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Il mio commento è risultato incompleto (probabilmente per la mia scarsa affinità con le tecnologie digitali). Volevo dire che mi è piaciuta particolarmente questa poesia, forse per la sua musicalità interna, forse per il sentimento che esprime di comunanza con la vita nel suo essere piena di bellezza e allo stesso tempo così effimera. E non è facile tenere uno stile e un ritmo così alti per una poesia di una certa lunghezza. Complimenti!
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lino bertolas
- 14/02/2017 15:24:00
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Mi è piaciuta questa poesia in particolare, non so bene dire il perché, forse per la sua musicalità interna, forse per i sentimenti che esprime di comunanza con il mistero della vita così piena di bellezza e allo stesso tempo così effimera. E non è facile tenere uno stile e un ritmo giusti per una poesia di una cera lunghezza. Complimenti!
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Salvatore Pizzo
- 28/08/2016 21:12:00
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Tutto è mistero e dolore nel momento della tragedia. Ma esiste, pur nellattimo più oscuro, una capacità chè del tutto umana, di farne perla dinfinita bellezza, commossa di poesia, di tutto il dolore e la rovina... Un saluto
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Nando
- 28/08/2016 10:43:00
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(Chiedo scusa...)
Non possiamo che riconoscere nella forma, il talento maturo di scrittura di un’amata ed affermata poetessa che, qui ancora e in particolare, sa rendere coerente lo stile al sentimento: infatti, non è per la tragicità dell’evento che rinuncia ad una suddivisione in strofe, quasi a voler protestare un lutto dell’anima, il rifiuto di ogni ulteriore eleganza di fronte alla morte, che non sia quella intima dell’essere tale in sé ogni vera poesia? Ma se della forma e nella forma abbiamo apprezzato la scrittura della Alaimo, tanto più ci commuove il suo sentire, ormai di anima temprata e matura, che ha attraversato i propri deserti e intravisto gli abissi di dolore in sé e fuori di sé, sicché ora è nel dono empatico di compatire, nel senso nobile del termine, il destino ferale dellaltro, ma sapendolo incastonare, almeno come parola poetica, quasi fosse diventato un prezioso gioiello, in un discorso più ampio e più alto; ecco allora elevarsi di due versi che, assieme alla rosa del titolo, riscattano dalla polvere distruttiva ogni cancellazione insipiente della memoria, riportando il destino degli uomini ad un Mistero implicito nel vissuto: "sulla loro materia stanca/che più non vacillerà di desideri". Credo che a volte un grande poeta, annovero Franca tra questi, sia come uno scienziato: trova la formula giusta, il paradigma per le generazioni future; così mi pare accada in questa bellissima poesia di Franca Alaimo, un modello di riflessione e di preghiera laica per chi non cè più.
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Ferdinando Battaglia
- 28/08/2016 10:19:00
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Non possiamo che riconoscere nella forma, il talento maturo di scrittura di unamata ed affermata poetessa che, qui ancora e in particolare, sa rendere coerente lo stile al sentimento: infatti, non è per la tragicità dellevento che rinuncia ad una suddivisione in strofe, quasi a voler protestare un lutto dellanima, il rifiuto di ogni ulteriore eleganza di fronte alla morte, che non sia quella intima dellessere
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