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al testo di Amina Narimi
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Conosco l’ampio dorso del silenzio, quando sporge nella sera, il suo colore, e quando s’inabissa lentamente nella calda giumella delle mani. Dal così pieno nasce una parola che si sussurra pronunciando Amen, come fosse il suo risvolto luminoso propagando a fondo lo splendore ogni gesto trattenuto dal principio, tornando nel respiro una poesia, come fosse già accaduto prima, coprendo tutti i suoni della terra nel parto di un bambino che ti ascolta. Così, tu, mi hai insegnato, per parlare, a scrivere sui tronchi in verticale, tra il paradiso delle voci impercettibili e in cerchi, per colonne primitive, un anello dopo l’altro. Nel tacere, allargando gli occhi chiari, siamo insieme, maturando per nascere tra i fiori, ricordando come un’anima all’aperto custodisce delle cose le figure- la montagna per le ossa e il bosco vecchio, sono gli occhi, e le cime la chiarezza dei buchi dentro il legno e gli animali. Parla ancora chè io possa rivederti, come fanno le stagioni, e il bianco appare trapassando da un albero a quell’altro, in un respiro lento dimmi “ amore”, e tutto si avvicina per Natale, finché una lacrima compare nella neve facendo come un arco e ricadendo tra due forme di pane lievitato con pochi decimi di efa, e un grano nuovo sollevato al centro della stanza, tra le nostre ombre di portata, è un sorriso, che viene, non in sogno, ma nell’ora delle nascite, e rimane. |
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