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al testo di Antonia Vono
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Quanti sensi hai? Me lo hai chiesto, e quante le dimensioni del tempo se basta scrivere, per infiltrarsi in un passaggio segreto, in uno snodo confuso di ritardi e anticipi sull’istante che sarà. E quale senso può avere la scoperta di un frammento d’assurdità nello squarcio del velo del crono a una sola direzione, nella linea spezzata in un anfratto a tutti sconosciuto? E’ il tatto, l’udito, la vista e il gusto, l’odorato, poi il nulla che ho annusato e l’idea che è tutto giusto e a posto chi ho conosciuto e chi amato nel luogo che ci è stato assegnato nel tempo imposto dai sensi e il sogno avverato nelle stanze magmatiche dell’errore involontario.
Si, ti ho chiesto dei sensi e delle cose sconosciute, di un capoverso e del nulla che a volte non abbandona e l'abbonamento alla vita chissà quanto costerà in futuro, saremo biglietti vidimati strappati all'uscita del canto e se andrà bene dimenticati come l'insofferenza di Van Gogh alla disperazione e alla sofferenza. Come lui ci ritroveremo nell'autoritratto di uno scatto e avremo i colori ad olio a disposizione per far comprendere come abbiamo dipinto le ore degli scavi dentro di noi, i ritrovamenti casuali dati dall'alchimia conosciuta come magia e se scaveremo ancora più a fondo forse poi non sapremo più da dove eravamo partiti, se da un continente o dalla sua nebbia ma non avrà tutta questa importanza se il risultato sarà che ci siamo davvero perduti. |
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