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al testo di Maria benedetta cerro
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TRILOGIA DEL NOME “Il nome inseparabile volle ancora molte albe. Molte sugli occhi spargere corolle allucinate” I Le afflizioni sono fiori che il cielo ha privato dell’acqua. Conosce il mio nome - mi dico - Mi chiamerà nella tristezza. Si ricorderà che corrisponde al tempo del pianto la durata della gioia perché l’antico e l’ignoto inesorabilmente coincidono. Calma è l’attesa eppure arde con ferocia una passione insonne assecondata fino al tradimento. Se mi addormento mi nascono ali - il nero mare sorvolo e il dorso muschioso della terra – Abbandono la povertà delle parole la tensione della conoscenza la sua distanza dimentico. Nel polso batte la febbre profonda della verità purificata. Purché il silenzio. E la solitudine. E le ceneri di tutte le tragedie. II Sii Mary - ma prima l’assenza di Mary – arte del nome che non ti appartenne. Così profondamente altro così lontana ragione di essere. Potente Assenza medicina e ricchezza di chi senza nome vaga nella caligine dei nomi. Mary, assoluzione di tutte le colpe, riapparsa nel diaframma-innocenza oltre la polvere – dopo la caduta. Acqua rifatta limpida - vita incredibile – Scampata a tutti gli uncini del roveto. Mary orfana e cane da riporto - lacrima indiscussa – scalpello che misura la durezza. Ignorando che solo un nome non fossi ti ho portata con me nell’obbedienza. Ma tu eri altro. Forse il poema che non è stato scritto. Mary, non essere sottomessa. Non pensarmi, Mary. Guai a te se mi pensi. III Il bambino /era femmina. Strappò i capelli alla bambola di gesso e al giglio - come ti viene in mente di fiorire – disse. Le mani sono delicate e l’erba non cresce in questo deserto che dicono si chiami amore. Il nido / dove si abbevera la serpe - mia pietosa madre - mi abbraccia con spire di veleno. L’altra - la prima - dorme. Non la svegliare / figlio. Non dirle che ti uccide e vuole che la chiami madre Lascia in pace la terra / non scavare. Il brindisi è rosso e la sera dai rubini a goccia pende dai lobi delle finestre a fiori. |
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