LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Maria benedetta cerro
|
|||
DIMORA DELLE ALTEZZE
Sospesi avanti al suo respiro intenerite sfide. - Portami oltre. Sarò il canto che annuncia alte sfolgoranti porte - Ma egli avanzò scostandomi col braccio. Da quel giorno il lembo gualcito del mio spazioso sogno premo sulla bocca e ricaccio il pianto. Quando non ti vedo dormo nell’acqua. - Il mondo passa e il sole sopra di me - Sogno il tempo in cui ero e non sapevo d’essere l’adempimento di un disegno. Ora che so considero i doni e li annovero nei segni. La lingua dei padri mi genera e mi uccide. L’ascolto. Vi innesto la mia e attendo il frutto. I doni sono calici colmi dell’acqua in cui dormo quando non ti vedo. Il nulla è. Ma tu puoi colmarlo e l’incompiuto si fa spinoso dono. Orli di braci le tue labbra e mani rapaci del mio domani. E tuttavia sul ponte - troppo avanti per tornare indietro - alta la fronte dalla parola in cui ho creduto spero di essere accolto. Non mi cingere il fianco. Non vi è lo spirito avvezzo. All’abbraccio solare - quasi sonoro il pulsare delle vene - alle tue stanze ariose ho destinato il mio rifiuto. Mi ricorderò della vita. Sarà di un vuoto irreparabile e fredda l’eternità. Inesorabile mi assalirà l’infanzia. I fiori che non avrò colto non mi riconosceranno. Mi avvolgeranno le speziate foglie Di un’età che non fu verde. Mai. |
|