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Dimora delle altezze

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DIMORA DELLE ALTEZZE






Sospesi avanti al suo respiro
intenerite sfide.
- Portami oltre.
Sarò il canto che annuncia
alte sfolgoranti porte -
Ma egli avanzò
scostandomi col braccio.
Da quel giorno
il lembo gualcito
del mio spazioso sogno
premo sulla bocca
e ricaccio il pianto.



Quando non ti vedo
dormo nell’acqua.
- Il mondo passa
e il sole
sopra di me -
Sogno il tempo in cui ero
e non sapevo d’essere
l’adempimento di un disegno.
Ora che so
considero i doni
e li annovero nei segni.
La lingua dei padri mi genera
e mi uccide.
L’ascolto.
Vi innesto la mia e attendo il frutto.
I doni sono calici
colmi dell’acqua in cui dormo
quando non ti vedo.




Il nulla è.
Ma tu puoi colmarlo
e l’incompiuto si fa spinoso dono.
Orli di braci le tue labbra
e mani rapaci del mio domani.
E tuttavia sul ponte
- troppo avanti
per tornare indietro -
alta la fronte
dalla parola in cui ho creduto
spero di essere accolto.








Non mi cingere il fianco.
Non vi è lo spirito avvezzo.
All’abbraccio solare
- quasi sonoro il pulsare delle vene -
alle tue stanze ariose
ho destinato il mio rifiuto.






Mi ricorderò della vita.
Sarà di un vuoto irreparabile
e fredda
l’eternità.
Inesorabile mi assalirà l’infanzia.
I fiori che non avrò colto
non mi riconosceranno.
Mi avvolgeranno le speziate foglie
Di un’età che non fu verde.
Mai.

 Giovanni Baldaccini - 01/05/2017 14:16:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Baldaccini » ]

Questa terra asciutta e lontana, oggi dimenticata e spoglia da cui proveniamo, genera lettere e non servirà dormire nell’acqua: essa conduce suoni. Non ti libererai delle parole e della musica affannata e dolce dei conflitti, aneliti e rifiuti dove passa l’esistere. Ma non potremo ricordarci della vita.

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