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Dimora delle spade

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DIMORA DELLE SPADE
1
Non dormire.
E’ il giorno che passa.
Una volta
per l’ultima volta.
Ascoltalo.
Arrestalo.
Guardalo negli occhi.
Riconoscilo. E’ il tuo tempo.
Non lasciarlo andare senza una parola.
Io sono colei che ama tutte le tue fibre
che le ascolta cantare come un pianoforte.
Ecco
la faretra in spalla
esco per incontrarti.
Non passare senza sfiorarmi.
Sono colei che se l’ignori
sguaina lo strale.
2
Le parole sono calamite
che tolgono agli occhi la ragione del divergere.
Di notte le inseguo.
Sosto
Cammino.
Se le perdo rincorro a perdifiato
stampelle tristi e ubriachi destrieri.
Sotto le torri commuovo guardiani
che non mi aprono.
Poi divento piccola .
Mi commisero
mi abbraccio.
Mi soccorrono i morti che non si rassegnano.
Poi mi lascio in quel buio e torno indietro.
La distanza è una palpebra
che mi scaglia nel sole delle forme.
3
Cosa ti scrissi un giorno
che non ricordo.
Le parole aprivano varchi in attesa
sentieri di vita sospesa.
Annunciò tre volte il gallo
l’alba dalle banderuole.
E vennero dai pioli sconnessi dell’io
i camminanti
tre volte battendo sull’uscio.
L’amore ha il cuore duro
spranga
sferza.
A volte sul tamburo del sangue
richiama la dispersa mente.
L’amore spacca l’interezza.
Dura
persino la tenerezza.
4
Hai fatto il nido nelle mie ferite
nel mio diurno spazio.
Tuttavia
per la neve benedicente delle margherite
ti ringrazio.
Per il breve dialogo
che l’insidia e la fiducia hanno in me intrapreso.
Quale invidia
così a lungo ti aveva allontanato.
Quale peso ebbe per te il saluto
che l’amica soleva
prima di andare
stretta la vita con un braccio
la bocca accostare all’orecchio
Non sperare
- dicendo -
che a lungo ti lascio.
5
Hai messo al mio grido
un recinto di spinose corde.
Cosa vuole da me
la tua dannata morte.
Che io canti la sua allegria
senza lacci ai piedi
portandomi al braccio
la sua cappa bruna.
Che sia
una
la nodosa vita
che la danzi sulle spade
regalmente in bilico.
Che non mostri il gran peso
che mi porto dietro
che trovi molle la pietra.
Per udirmi cantare
hai voluto il mio grido segregare
e un silenzio allestire
grave come la fine.
6
Metti una musica.
Rachmaninov se vuoi.
Tutto è così immobile
eccetto la memoria
che tormenta le cose.
Chi ha detto che amano il silenzio.
La scacchiera di Praga ha nostalgia delle torri
- una tromba ne struggeva la vertigine
agli occhi elevati dei passanti -
Era di coralli e ambra l’Odigitria Signora coronata
- il volto bruno segnato dalle spade -
la sera che il sole di Polonia scendeva sul ritorno
durato il tempo di un rimorso.
7

 Lig E. Norant - 08/05/2017 06:30:00 [ leggi altri commenti di Lig E. Norant » ]

Alla settima stanza
fu negata la parola,
perché tra l’eloquio del detto
e l’indicibile incompiuto
si aprisse un sentiero la parola segreta,
colei che gravida del seme dell’Infinito
risuonasse la metafisica della lingua,
la partoriente il simbolo dentro la carne del segno.

Notevole scrittura, la Sua, cui ho voluto esprimere una piccola eco; scrittura notevole, dicevo, al primo approccio inquieta, in senso estetico prima ancora che contenutistico.

 Leonora Lusin - 08/05/2017 00:15:00 [ leggi altri commenti di Leonora Lusin » ]

Comincio da questa, per quello che posso.

Ecco
la faretra in spalla
esco per incontrarti.
Non passare senza sfiorarmi.
Sono colei che se l’ignori
sguaina lo strale.

L’amore ha il cuore duro
spranga
sferza.
A volte sul tamburo del sangue
richiama la dispersa mente.
L’amore spacca l’interezza.
Dura
persino la tenerezza.

Cosa vuole da me
la tua dannata morte.

Maria Benedetta per me questo è il femminile di Dio che decide in modo coraggioso di farsi ascoltare e lo fa in un modo che suscita meraviglia e sgomento:senza nascondere la propria debolezza. Debolezza dove è nascosta una forza gigantesca.
Grazie,leggerti, un balsamo e anche una spinta ad andare avanti, nonostante tutto.
Che io canti la sua allegria
senza lacci ai piedi
portandomi al braccio
la sua cappa bruna.
Che sia
una
la nodosa vita
che la danzi sulle spade
regalmente in bilico.
Che non mostri il gran peso
che mi porto dietro
che trovi molle la pietra.
Per udirmi cantare
hai voluto il mio grido segregare
e un silenzio allestire
grave come la fine.

 Giovanni Baldaccini - 07/05/2017 13:48:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Baldaccini » ]

Il tempo e la parola, uno sforzo immenso di superare la caducità di entrambi, un’unificazione impossibile attraverso l’eternità del dire, a volte mitico. Ma non sta a me "dire" se sia riuscita o meno. Un testo difficile, forse troppo lungo, in cui ci si può sperdere e dove, a volte, mi sperdo. Per evitarlo, questa è la mia rilettura e ricostruzione, per quello che vale.

Non dormire.
E’ il giorno che passa.
Cosa vuole da me
la tua dannata morte.
Le parole sono calamite
che tolgono agli occhi la ragione del divergere.
Di notte le inseguo.
Sosto
Cammino.
Se le perdo rincorro a perdifiato
stampelle tristi e ubriachi destrieri.
Sotto le torri commuovo guardiani
che non mi aprono.
Poi divento piccola.
Mi commisero
mi abbraccio.

Un saluto, Maria Benedetta.

 Ferdinando Giordano - 05/05/2017 22:45:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Giordano » ]

La trovo ricca di sandali. in cammino come quei santi che si avviano a diventare ricchi di ceri votivi: questo modello di lingua mi sana. Grazie.

 Laura Turra - 05/05/2017 09:08:00 [ leggi altri commenti di Laura Turra » ]

Quasi poesia epica. Ogni stanza è una meraviglia, con versi poetici notevoli e da me molto apprezzati.
Un caro saluto

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