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Come a unombra in un fondale

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        Ville Turro - Milano

William Turner - Naufragio

 

 

                                                                                A chi troppo mi ha amata, a chi troppo ho amato

 

Cos’altro dire?

Forse che fino qui ho sbagliato tutto  -                                

l'angolo della visuale da cui guardavo me stessa

e il mondo,

il modo di camminare come fossi

su una passerella inclinata,

gli altri curvi sotto pesi

o tremanti di piacere.

Invidia? Sì, quando il vuoto e io

eravamo lo stesso.

Mi aggrappavo a un calorifero

stesa per terra

come a una boa di senso -

poi, lentamente, risorgevo.

Segno o salvezza vestirmi

di qualcosa,

qualunque cosa ricoprisse la paura

di non esserci, di non essere abbastanza:

voce uniforme, stanca di dire

quello che nessuno ascolta.

Staccavo le etichette cucite dietro agli occhi

per tenerli in piedi con un bastone bianco.

Cadevo.

Poi dalla terra

provare a guardare il cielo,

i rami scuri e irraggiungibili degli alberi,

o i fiori, enormi

se la vertigine danza intorno.

Era il tempo -

un giro di luna ma infinitamente -

delle sbarre alla finestra.

Veniva il padre la sera,

reduce da una guerra senza armi,

prendevo un foglio e una matita

per i suoi occhiali tristi

che conservo in una cartella non so dove.

Ombre tutto intorno penitenti

sulla poltrona dei ritratti

davanti al letto della camera singola.

Su carta.

La mattina facevo la pipì nel lavandino

e mi sorridevo.

 

Il bagno con la vasca -

arrivarci un'avventura.

Mi aveva portato un vestito rosso

troppo grande,

come un grembiule o una divisa da carcerata.

Impresa uscire,

c’è voluto il richiamo di un vestito giallo -

nel fumo che sfiata polveroso

dai muri immensi di Milano.

Correre a perdifiato -

indossarlo

in fondo a un asfalto qualunque.

Brillava addosso - non lo sapevo ancora.

Cosa aggiungere a tutto questo?

Quello che impari senza saperlo:

aggrapparsi a un sorriso

come a un’ombra in un fondale -

niente o me stessa -

riemergere verso la mano tesa

oltre lo scoglio.

 

 

 

 

 

 Salvatore Pizzo - 24/06/2017 18:47:00 [ leggi altri commenti di Salvatore Pizzo » ]

"Invidia? Sì, quando il vuoto e io

eravamo lo stesso."
Uno tra i tanti passaggi che non possono che ingenerare ammirazione, per una poesia che veleggia maestosa nel gran mare dell’interiorità, quello in cui, il navigare, è periglioso assai...
Un caro saluto

 Franca Alaimo - 23/06/2017 22:18:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

E’ una poesia dall’andamento fluido in cui pensieri, ricordi, emozioni transitano nei versi con barbaglii di stupefacente bellezza e di bella sonorità. Ma soprattutto c’è il tentativo di un autoritratto sfuggente, perché nulla c’è di più misterioso dell’io così che a definirlo in qualche modo sono i dettagli concreti, quelli che sono rimasti nella mente dell’autrice perché hanno assunto il compito di simbolizzare passaggi epocali e metamorfosi del cuore.

 Ferdinando Giordano - 23/06/2017 14:46:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Giordano » ]

Vedi, Bellamente? Non hai bisogno d’altro. E quel che Gion sostiene non è a caso o per celia. Pienamente d’accordo con lui. Non hai bisogno d’altro, Bellamente. Di nessun altro da te.

 Adielle - 23/06/2017 01:11:00 [ leggi altri commenti di Adielle » ]

Bellissima.

 Giovanni Baldaccini - 22/06/2017 22:09:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Baldaccini » ]

Un grande flusso di coscienza, con la necessaria distanza per guardarsi, capirsi, perdonarsi. Molti passaggi intensi e commoventi, attraverso una scrittura fluida e musicale. Adoro la tua Milano dai muri immensi, gli occhiali di tuo padre non so dove, i tuoi vestiti, rossi o gialli che siano. Ammirato.

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