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al testo di cristina bizzarri
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Ville Turro - Milano William Turner - Naufragio
A chi troppo mi ha amata, a chi troppo ho amato
Cos’altro dire? Forse che fino qui ho sbagliato tutto - l'angolo della visuale da cui guardavo me stessa e il mondo, il modo di camminare come fossi su una passerella inclinata, gli altri curvi sotto pesi o tremanti di piacere. Invidia? Sì, quando il vuoto e io eravamo lo stesso. Mi aggrappavo a un calorifero stesa per terra come a una boa di senso - poi, lentamente, risorgevo. Segno o salvezza vestirmi di qualcosa, qualunque cosa ricoprisse la paura di non esserci, di non essere abbastanza: voce uniforme, stanca di dire quello che nessuno ascolta. Staccavo le etichette cucite dietro agli occhi per tenerli in piedi con un bastone bianco. Cadevo. Poi dalla terra provare a guardare il cielo, i rami scuri e irraggiungibili degli alberi, o i fiori, enormi se la vertigine danza intorno. Era il tempo - un giro di luna ma infinitamente - delle sbarre alla finestra. Veniva il padre la sera, reduce da una guerra senza armi, prendevo un foglio e una matita per i suoi occhiali tristi che conservo in una cartella non so dove. Ombre tutto intorno penitenti sulla poltrona dei ritratti davanti al letto della camera singola. Su carta. La mattina facevo la pipì nel lavandino e mi sorridevo.
Il bagno con la vasca - arrivarci un'avventura. Mi aveva portato un vestito rosso troppo grande, come un grembiule o una divisa da carcerata. Impresa uscire, c’è voluto il richiamo di un vestito giallo - nel fumo che sfiata polveroso dai muri immensi di Milano. Correre a perdifiato - indossarlo in fondo a un asfalto qualunque. Brillava addosso - non lo sapevo ancora. Cosa aggiungere a tutto questo? Quello che impari senza saperlo: aggrapparsi a un sorriso come a un’ombra in un fondale - niente o me stessa - riemergere verso la mano tesa oltre lo scoglio.
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