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Testimoni

 

Sempre meno testimoni

potrebbero confermare

che questa era una vita

con una fabbrica d’amore.

 

Che questo era un paese.

Una strada. Un numero.

Un vento che spargeva schiuma di latte.

 

Che erano ragazzi

di un’altra dimensione.

Ragazze a sirene spiegate.

 

La storia rendeva

false testimonianze.

Il tempo si scostava dalla verità.

 

I morti si sono avvalsi

della facoltà di non rispondere.

 

Gli eredi

non hanno chance.

 

 

 

Il coraggio

 

Il coraggio vive di momenti pericolosi.

È sempre stato audace e intransigente.

La tata ne ammirava la sicurezza di sé

quando infilavamo le dita

nelle prese elettriche

e ci trafiggeva una lucertola nera.

 

Veniva con noi in vacanza.

Teneva sempre d’occhio

contusioni lesioni ferite.

Poi saltavamo dalle rocce dritti in cielo.

Ormai a nostre spese. Il rischio si fregava le mani.

 

Quando provavamo a resuscitare i morti

a sangue freddo ci riempiva di proiettili mortali.

Quando stavamo al davanzale della finestra

diceva: vedo

come un vecchio giocatore di poker.

 

In certi incidenti guerre catastrofi

ci servivamo senza scrupoli di controfigure.

 

Oggi è sempre più spesso vittima dello stress.

Di notte ci copre con una gragnola di domande.

Rantola come un motore rabbioso e ha paura dell’altezza.

 

 

 

Il Big Bang

 

Forse è ancora vivo qualcuno

che è stato complice

della creazione di questo mondo?

 

Un artigiano. Un orafo.

Un meticoloso orologiaio.

(Lascio da parte

divinità taumaturghi bari).

 

Forse è ancora vivo il cameriere

che lo ha servito su un vassoio

simile alla pinna

di un disco volante?

 

O forse è ancora viva la miccia

che ci ha spostati verso il rosso?

(Secondo Edwin Hubble).

 

Una vecchia fune di canapa.

Uno sbeffeggiatore di fuochi d’artificio

e di girandole.

 

È sempre nei paraggi

dei nostri

incontri pirotecnici.

 

 

 

[ da Il lettore di impronte digitali, Ewa Lipska, Donzelli Poesia | a cura di Marina Ciccarini ]

 

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