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Giulia Niccolai

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[ Intervista a cura di Paolo Polvani ]

Fotografia di Domenico Di Raco (www.domenicodiraco.it)

 

[ Giulia Niccolai (Milano, 1934) è una fotografa e poetessa italiana. Di madre americana e padre italiano, frequenta giovanissima il gruppo del bar Giamaica e si lega al Gruppo 63. Vive a lungo tra l'India e una casa di campagna a Mulino, nell’Appennino Parmense. Nel 1966 pubblica da Feltrinelli il suo primo romanzo in italiano: Il grande angolo; traduce Gertrude Stein, Virginia Woolf, Patricia Highsmith, Dylan Thomas. A lungo legata sentimentalmente ad Adriano Spatola fonda con lui la rivista Tam tam e l’omonima collana di poesia sperimentale; la fine della relazione fra Spatola e la Niccolai è narrata nella canzone Scirocco di Francesco Guccini. dal 1990 è monaca buddista. Tra le sue pubblicazioni si ricorda la raccolta Harry’s Bar e altre poesie (Feltrinelli, 1981) e FrisbeesPoesie da lanciare (Campanotto, 1994), Premio Feronia-Città di Fiano 1995. (Fonte Wikipedia) ]

 

*

 

Nella sua casa abitano una poetessa, una monaca buddista, un Grand Ufficiale. Vanno d’accordo? litigano? coabitazione felice?

Ci abita qualcun altro?

 

La sua domanda mi mette subito di buon umore e col sorriso sulle labbra. Può considerarla già una risposta? Per spiegarmi meglio le cito un breve testo del Lama tibetano, Kalu Rimpoche:

Viviamo nell’illusione e nell’apparenza delle cose.

C’è una Realtà. Noi siamo quella Realtà.

Quando lo comprendiamo, vediamo che siamo niente.

Ed essendo niente, siamo tutte le cose.

Ecco tutto.

“Essere niente” non è solo un criptico modo di dire, bensì il frutto di una effettiva, profonda Rinuncia e di un lungo e difficile cammino spirituale nel quale si può anche riuscire a liberarsi della tirannia del tempo.

  Come battuta conclusiva (perché lei potrebbe anche essere troppo giovane per saperlo), sono anche stata fotografa dal ’50 al ’64 (v. Antonella Russo, Storia culturale della fotografia italiana, Einaudi, 2011).

 

 

Come si è trasformato nel tempo il suo rapporto con la curiosità?

 

Non avrei mai potuto immaginarmelo prima di iniziare un cammino spirituale nel 1985, ma da allora, lentamente, la mia curiosità è del tutto scomparsa. Vivo questo fatto come una meravigliosa liberazione!

 

 

Come è iniziata la sua avventura nella scrittura?

 

Credo proprio che sia iniziata da Lewis Carroll…I giochi di parola, l’umorismo, le parole che diventano materia, biglie di cristallo colorate…

 

 

Scrivere può essere considerato il primo passo verso il meditare?

 

Per me lo è stato sicuramente. Perché scrivendo, ho sempre cercato di capire meglio anche me stessa – direi che scrivo proprio per questa ragione. Cerco la “verità”. Anche se per il Buddismo vi sono due verità: una, relativa, che è come le cose ci appaiono; e una, ultima, che è come le cose effettivamente sono. Dunque, cerco di accorciare il gap tra le due, anche se, per vederle come effettivamente sono, bisogna aver effettivamente raggiunto la Buddità.

 

 

Igea travagliato

Trento Treviso e Trieste

di disgrazia in disgrazia

fino a Pomezia

Como è Trieste Venezia

 

Si ricorda in che circostanza fu scritta questa poesia?

 

Lo ricordo perfettamente. Eravamo appena saliti in auto Spatola e io e la frase “Como Trieste Venezia” venne contemporaneamente in mente a entrambi, ma la disse prima lui. A lui non ho mai detto che ero certa che ci fosse stata “mandata”, dato che era arrivata anche a me e, per come la pensavamo allora, non poteva essere così!

 

 

La rivista Tam Tam riuniva poeti di diversi paesi. Alcuni di questi immagino siano stati molto amati da chi in quegli anni si avvicinava alla poesia. Penso soprattutto a Bisinger e Beltrametti.

Che ricordo ha di quel periodo e di quegli autori?

 

Il ricordo di quegli anni Settanta straordinari l’ho scritto in un capitolo, Gli anni di Mulino, di Esoterico biliardo, un mio libro di memorie edito da Archinto nel 2000. Avevamo contatti con poeti di tutto il mondo che venivano a trovarci nell’Appennino emiliano, a Mulino di Bazzano, in una casa della famiglia del poeta Corrado Costa, sebbene non avessimo nemmeno il telefono. Come con il ’68, si pensava che fosse l’inizio di qualcosa di meraviglioso, e invece fu la fine, il canto del cigno di qualcos’altro, un’altra epoca. In gennaio, parlerò invece di Beltrametti a Gorgonzola..

Due altri libri che parlano proprio di Mulino di Bazzano e di quegli anni sono: Eugenio Gazzola,“Al miglior mugniaio” Adriano Spatola e i poeti del Mulino di Bazzano, Diabasis, Reggio Emilia, 2008; e La repubblica dei poeti – Gli anni del Mulino di Bazzano, a cura di Daniela Rossi, collaborazione di Enzo Minarelli, Campanotto Ed. Udine, 2010.

 

 

Ha progetti in corso?

 

Ho appena terminato un saggio su Corrado Costa, scritto per la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, che aveva invitato Aldo Tagliaferri, Giuseppe Caliceti e me a parlare di lui il 2 dicembre per il ventesimo anniversario della sua morte. In gennaio, parlerò invece di Beltrametti a Gorgonzola, anche se il vero argomento dell’incontro è il libro del direttore della biblioteca di quella cittadina, Franco Galato, nelle cui poesie parla spesso di Beltrametti. E insomma, anche per queste chiacchierate ci si deve preparare.

Tra un paio di mesi dovrebbe uscire anche una antologia della mia poesia, con un saggio di Milli Graffi, per la collana fuoriformato di Le Lettere, Firenze, a cura di Andrea Cortellessa.

 

 

Anche lei pensa che non viviamo davvero ciò che non riusciamo a raccontare?

 

Non lo penso con tale assolutismo, ma certo scrivere aiuta ad avere una maggiore consapevolezza nei confronti di ciò che si sta raccontando. A meno che non si bari o non si inventi di sana pianta.

 

P.S. A proposito delle domande solo accennate: mi sveglio verso le 7, faccio colazione, medito, faccio la spesa o scrivo e leggo, preparo il pranzo, pennichella dei vecchietti, medito di nuovo, vedo amici o gente che mi vogliono parlare per questo o per quello, il lunedì e il mercoledì vado al Centro buddista per insegnamenti dalle 20 alle 22, torno a casa, ceno, TV, leggo o medito, letto alle 23. Due fine-settimana al mese: insegnamenti al Centro Buddista.

 

La mia casa è di 2 stanze più bagno e cucina, in tutto, 67 metri quadri. Poco spazio, troppi libri, mancano cassetti e armadi ma va bene anche così:

 

Corpi unici compatti e ronzanti

 

Corpi unici compatti e ronzanti

incollati ai soffitti dei pronai,

tra le colonne, o agli spioventi dei tetti,

grappoli a semisfera di api, larghi e lunghi

più di un metro, sono sempre visibili

all’esterno dei templi buddisti. Stanno

forse a simboleggiare, a confermare

il “miele”, la purezza e la dolcezza

delle menti dei grandi Lama

che pregano e meditano all’interno.


 Antonio De Marchi -Gherini - 15/01/2012 23:14:00 [ leggi altri commenti di Antonio De Marchi -Gherini » ]

O mia Tara Verde le tue parole non hanno bisogno di commento. Bisogna lasciarle entrare pianno piano nella mente e poi nel cuore, il tuo ’essere’ è totale, unico lo spirito, non è scisso dalla poesia e la poesia è spirito, un abbraccio affettuoso antonio

 Loredana Savelli - 11/01/2012 21:13:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Grazie a Giulia Niccolai e alla redazione: non capita tutti i giorni di incontrare persone con tale spessore e parallalelamente con tale trasparenza e libertà interiore.

 tiziana colusso - 11/01/2012 10:30:00 [ leggi altri commenti di tiziana colusso » ]

oh Giulia! basta la parola, ed è tutta luce nei pensieri. A guisa di commento vorrei inserire un breve testo che le ho dedicato, dopo una breve visita di un paio di giorni nella sua casa di Milano. E’ ancora inedita, ma Giulia la conosce già. In questa "Milano fluida e miracolosa" c’è tutto ciò che mi lega a lei: la poesia, il buddismo, il senso miracoloso dell’esistenza, la capacità di meravigliarsi. Ora in me sono molto offuscate in questo periodo, ma confido che sotto tanta cenere guizzi ancora quella luce...

Milano fluida e miracolosa
A Giulia Niccolai

Tra il poetico “Harry’s Bar” di Giulia e il Bar Cosmo che incredibilmente esiste
proprio sotto casa sua, in uno slargo solcato da rotaie come da rughe di saggezza,
Milano mi scorre fluida e miracolosa, come il biglietto per il “Cenacolo” sempre tutto esaurito:
solo un Apostolo, alla sinistra del Salvatore (la destra per me che guardo naso in su)
sta immerso nella luce di una finestra e punta con il dito levato verso il Cielo.
Tutti gli altri guardano in basso, conversano impregnati di immanenza.
Intorno alla perfezione matematica del sacro, Milano si condensa di miracolose
marginalità: apostoli, poeti, monaci buddisti, caronti di filobus, bar improbabili come
l’intergalattico di Star Wars. Nell’umido della sera, le luci sono alfabeti morse del divenire.
(febbraio 2008)

tiziana colusso

 Narda Fattori - 11/01/2012 07:39:00 [ leggi altri commenti di Narda Fattori » ]

Bella figura di donna e di persona questa che emerge dall’intervista.
Mi sembra quasi vero l’affermazione" ho fatto della mia vita un’opera d’arte". Staccarsi, distaccarsi, togliersi le troppe scorie dei tempi, la nullità che appartiene anche a me ( che tradisco abbastanza sovente)e che è consapevolezza dell’essenza della vita, che ha a che fare col buddismo ma anche a riflessioni di filosofi occidentali. Ma certo, noi siamo grassi, sovrabbondanti e vogliamo, vogliamo...
Come siamo bravi a procurarci una vita dolente e affannata.

 Domenico Morana - 11/01/2012 00:12:00 [ leggi altri commenti di Domenico Morana » ]

Meravigliosa Giulia!
Custodisco come sacre reliquie i n. 1 e 2 del settembre del 1976 de’ "Il Verri", stupenda rivista di letteratura diretta da Luciano Anceschi in cui (nel n. 2) ci sono dei suoi testi e una nota sulla sua poesia.

"Samassi mannu
serpeddi ferru,
sennori ruju
strisaili torpe,
senorbi seulo
serrenti nieddu."

Questa sua, e forse più la dedica a una per me mitica e misteriosissima misteriosa Milli Graffi, furono per me, con le altre tre poesie dedicate a Manganelli, Beltrametti e Bonazzi, pubblicate in quel numero del Verri, il mantra, l’esicasmo di salvataggio a cui m’aggrappai per non annegare nella mia adolescenza.
Quattro poesie che in quegli anni furono i miei quattro punti cardinali.
Un calorosissimo grazie a Giulia Niccolai e a Paolo Polvani e alla redazione de LaRecherche.
D.

 Franca Alaimo - 10/01/2012 22:04:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Una tale freschezza e sincerità di risposte non può che venire da una persona che sta imparando a liberarsi dal tempo, approssimandosi alla buddhità. L’intervistata apre la sua vita come un tovagliolo candido mostrando i frutti più dolci custoditi. Sì, ci fu un fervore intellettuale ed ideologico e morale negli anni sessanta a cui pure io partecipai,benché troppo giovane, così da non essere che una spettatrice, appasssionatamente in fermento ( ascoltavo tanto!), non un’attrice, come lo fu Giulia N. con tanti altri nel vero senso della parola; ma tanto fervore, invece di dare inizio ad un’epoca nuova, ha segnato, come dice Giulia N., la fine di quegli ideali. Penso anche al sistema scoolastico, al suo orribile scadimento che mi cadde addosso. Gli ideali, forse, sono ancora proprietà dell’arte e degli artisti, e dei pensatori autentici. Infine il mondo cambia, se cambia in interiore animo. Un saluto a Giulia e un grazie per tutto ciò che ha fatto, fa e farà.

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