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La crisi di Fincantieri

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Di tutte le crisi industriali che in questi ultimi mesi stanno riempiendo le pagine dei giornali e i telegiornali delle nostre televisioni, forse quella che appare più “assurda” e inspiegabile a menti semplici come le nostre è quella che ha investito Fincantieri.
Il motivo: mancanza di commesse. Mancanza di commesse?
Ma chi ha diretto Fincantieri in questi ultimi anni? Babbo Natale?
Quanti mesi / anni ci vogliono per costruire una nave da crociera, per completare una commessa? E nel frattempo chi deve occuparsi di far lavorare circa diecimila persone con famiglie non cerca di trovare nel mondo nuovo lavoro e nuove commesse? Ma le navi da crociera non sono più di moda, si dice. E allora? Un operaio che costruisce una nave da crociera non può costruire una nave porta container o un traghetto di linea o una nave militare o un rimorchiatore? Certo che chi doveva andare in giro per il mondo a cercare nuove commesse e non lo ha fatto, prima o poi dovrà rendersi conto che il problema dell’assenza di lavoro si presenta.
Ma dirò di più, ricordiamo questi nomi: Antonio Marzano dal giugno 2001 all’aprile 2005; Claudio Scajola sino a maggio 2006; Pier Luigi Bersani dal maggio 2006 al maggio 2008 poi ancora Claudio Scajola sino al maggio 2010, poi l’interim del Presidente del Consiglio Berlusconi e infine da ottobre 2010 a novembre 2011 Paolo Romani. L’attuale Corrado Passera non lo consideriamo essendo stato appena nominato.
Questi sono i nomi dei Ministri dello Sviluppo Economico degli ultimi dieci anni. Questi sono i nomi che ultimamente sono i responsabili del fallimento di una Politica di Sviluppo economica che è stata inesistente in Italia in questi ultimi dieci anni. Fincantieri è solo la punta dell’iceberg, è un caso talmente eclatante da non sembrare vero. Che l’Italia, Paese che costruisce navi da sempre, dai tempi dei romani che sconfissero la flotta cartaginese con la famosa battaglia di Milazzo dove fu per la prima volta al mondo sperimentato il “corvo”, non possa essere più presente con una propria realtà industriale nel settore delle costruzioni navali è francamente troppo da comprendere ed accettare per menti semplici come le nostre.
Certo il tempo perso è tanto, forse troppo. Dieci anni di inattività totale non si recuperano in un mese o due e la crisi economica non facilita certamente le cose. Tuttavia direi che un tentativo serio, portato avanti da persone competenti che abbiano in mente un progetto di rilancio per Fincantieri e cerchino di realizzarlo lo si debba fare. Prima di tutto per i lavoratori direttamente coinvolti, che non sono poche decine e poi anche questo è un segnale importante che l’Italia può fornire all’Europa sulla serietà del cambiamento in atto.

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