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al testo di Klara Rubino
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Lungo sterrati collinari di crinale, Ripercorro una storia cruenta Sul dorso d’un destriero al passo, Alla destra, il mio nobile scudiero-
La vallata intera copre, Lo sguardo ambiguo, Tacendo parole Fino al lacustre Litorale antico.
Come l’acqua rifletto Il baluginare della luce In un fresco mattino.
All’ altare non segnato mi avvicino, Con intimo smarrimento: Luogo d’eterna requie Del più acerrimo nemico.
Un mazzo ben disposto Di carnosi, preziosi fiori E tre felci trapiantate In vasi elegantemente ornati Cantano stonati Amore e reverenza.
Sono piante che gradiscono sempre acqua
La fonte è vicina, Verso loro nutrimento, Con simbolica solennità.
Ricordo la punta del naso, Il taglio acuto dell’occhio, Fino allo sfarzo dello stivale.
Di far ridere era capace, ma Egli, forse egli da tempo più non rideva
Un deambulare Tra ombre e luce è questa vita
Adesso però sono qui a perdonarti Che tu possa riposare Nella luce solamente
E serenamente le spalle volgendo al passato, Due rigagnoli attraversano il campo Del mio volto, ora fiorito In un sorriso, per colui che In fedele amicizia mi stava Ad attendere:
Le mani intrecciate, il capo chinato, Si apre il cielo nel nostro abbraccio, Come in un materno abbandono.
Depongo lo scudo, Si consolida l’orizzonte, verso il quale Riprendiamo Insieme a camminare.
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