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Allontanarsi da Bergotte!

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E' meglio non conoscere Bergotte;

ci può causare forti delusioni:

non è stessa persona delle azioni

sue sulla carta, non è certo un "Gott" !

 

Se noi amiamo un poeta, uno scrittore,

teniamoci da lui bene alla larga:

la vicinanza certo non allarga

la grande stima delle prime ore!

 

(L'uomo e l'artista sono differenti

esseri, e solamente l'alchimia

di penna e foglio non verace via

comune può tracciare nelle menti! )

 Angelo Ricotta - 04/02/2018 20:02:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

Io ed Augias non siamo mai in sintonia perfetta. A volte vicini, più spesso lontani.
Su Proust. In tanti anni si può cambiare idea, non ci trovo nulla di strano.
Su Sainte-Beuve. In questo caso non è questione del modo di intendere la letteratura, com’è invece nel caso di Anatole France, ma di critica letteraria. L’approccio di Proust in merito è molto fumoso mentre quello di Sainte-Beuve è ciò che attualmente viene praticato (metodo scientifico).

 Antonio Terracciano - 04/02/2018 19:04:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Beh, a me Augias non ha mai dato l’impressione di essere dogmatico (ma forse ciò dipende dal fatto che io mi sento spesso sulla sua stessa lunghezza d’onda... ) Per quanto riguarda poi la stima di Marcel per Bergotte (che sarebbe addirittura quasi aumentata dopo il loro primo incontro) non sono tanto d’accordo ; nei "Guermantes" , ad esempio, si legge: "Le visite che Bergotte ci faceva ora venivano per me con qualche anno di ritardo, perché io non l’ammiravo più tanto" . E, se prendiamo "La folie Baudelaire" di Roberto Calasso (ed. "Adelphi" , 2008) , alle pagg. 325-326 leggiamo: "In un articolo molto fiacco della ’Revue de Paris’ Anatole France aveva appena dichiarato che ’ogni singolarità nello stile deve essere respinta’ . E questo valeva come argomento per concludere che Stendhal ’scrive male’ . Proust non vedeva France da oltre vent’anni (...) , ma France era pur sempre colui che Proust aveva trasformato in Bergotte. (...) Ormai però si era nel 1920. (...) Quelle parole di France, del vecchio maestro dal tono sommamente urbano, il quale enunciava una dottrina che era il contrario della letteratura stessa, gli suonarono come un’occasione per dire qualcosa di molto duro. (...) Si trattava di due modi [ di France e di Sainte-Beuve ] di intendere la letteratura incompatibili con il suo. (...) Scrisse così alcune righe folgoranti (...) : "In tutte le arti, sembra che il talento sia un avvicinarsi dell’artista all’oggetto da esprimere. Finché sussiste uno scarto, il compito non è assolto. "

 Angelo Ricotta - 04/02/2018 12:49:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

Sono d’accordo con te ma non con Corrado Augias. Io non rinuncerei mai a incontrare e discutere con un autore. Nel caso di Augias poi, per il bene della sua trasmissione e per correttezza nei nostri riguardi (pubblico pagante), dovrebbe presentarci anche quegli autori che egli teme. Non mi convince la sua scusa che lo fa "nel timore che, comportandosi in modo inadatto, si danneggiasse da solo;". Secondo me la verità, che ho constatato seguendo la sua trasmissione, è che Augias è un tipo molto dogmatico e quel che teme è scoprire che un autore che egli stima la pensa in modo molto differente da lui, e a costoro non vuole fargli pubblicità.

 Antonio Terracciano - 04/02/2018 11:51:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Ho molto gradito le precisazioni di Angelo Ricotta, e sono convinto che il caso da me prospettato (quello di Bergotte) sia il più comune. La pensa così anche Corrado Augias ( "Leggere" , ed. Mondadori, 2007, pagg. 108-109) : "Nella mia esperienza, sono rimasto molte volte deluso dalla conoscenza diretta di un autore del quale avevo apprezzato l’opera. Tanto che spesso ho evitato di invitare uno scrittore in televisione nel timore che, comportandosi in modo inadatto, si danneggiasse da solo; avendo amato il suo libro, ho preferito chiamare qualcuno che parlasse in sua vece. Una volta, a Londra, mi è pure capitato di essere invitato a un party dove, mi dissero, sarebbe stato presente anche Philip Roth, a mio giudizio il più grande scrittore vivente. Ho risposto che ero già impegnato per il timore che, conoscendolo di persona, l’uomo avrebbe potuto danneggiare l’immagine dello scrittore, tanto più in un’occasione come quella, in cui, con un bicchiere in mano e nel cicaleccio generale, non si sa più bene cosa dire dopo le prime frasi di rito. "

 Angelo Ricotta - 04/02/2018 11:12:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

Veramente ne La Recherche il giudizio su Bergotte è proprio il contrario. Nonostante Norpois ne parlasse male il narratore constata che è invece un uomo di grande bontà. Perciò dipende dai singoli casi. Le combinazioni di base sono almeno tre. Effettivamente c’è chi, come tu pensi, è molto peggiore di ciò che dice e scrive, ma si trova anche chi è migliore. E poi c’è anche chi è esattamente ciò che dice e scrive. Ovviamente il caso ideale è quest’ultimo. Raro ma non inesistente. Il caso più frequente è quello che tu dici (peggiore di ciò che dice e scrive). Costoro non credono in ciò che scrivono e dicono ma lo fanno perché ne hanno dei vantaggi. Lo stesso direi della terza categoria, anche se, a prima vista, può sembrare strano. Sono anch’essi degli opportunisti e scrivono e dicono, sempre per loro vantaggio, ciò che il loro pubblico di riferimento vuole sentire.

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