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al testo di Pietro Secchi
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Ti inseguiamo ancora.
Con la corsa anelante e rotta dei mille cani randagi sull’asfalto spaccato da troppi soli. Le mascelle addentano il vuoto della nostra fatica. Abbiamo bave lente ai bordi delle bocche, l’abbaiare si è fatto sempre più un lamentoso addio che non vuole ascoltare le zampe che vorticano la disperazione per il padrone più in là, di quel passo sempre più in là. Dalle ossa invisibili si sono formate le colline e persino i monti più alti echeggiano spesso un sibilo che tanto piace al padrone che lo crede dell’aria o del sole. E quando si libra verso il cielo, sui nostri cadaveri neri poggia i piedi ignari e crudeli. E noi lì, sempre lì, più indietro, per la durata di tutte le lune senza mai uno sguardo rivolto all’affannoso inciampare. Nessuno fu più fedele di noi, nessuno con tanta costanza ti seguì per essere preso una sola volta da un suono. Non troverai più nessuno così, padrone, Parola. |
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