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Il Principe Felice

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In cima al suo altissimo piedestallo la splendida statua del Principe felice dominava
la città. Il suo corpo era ricoperto da sottilissime lamine d’oro, gli occhi erano due zaffiri e, sull’elsa della spada, era incastonato un grosso rubino.
«Che aspetto felice ha il Principe!», commentavano gli abitanti della città, passando
nella piazza. «Peccato non poter essere sempre felici come lui!».
Una notte una rondine passò nella piazza. L’inverno era alle porte e l’uccello stava
volando a sud, facendosi guidare dalle stelle. Le altre rondini erano partite da un pezzo.
Lei, invece, si era attardata; ma, ora, aveva fretta di raggiungere gli amici prima che giungesse la neve. Vedendo la statua dorata del Principe pensò:
«Che statua meravigliosa! Mi rannicchierò tra i suoi piedi per ripararmi dal vento».
Ma, proprio mentre stava ripiegando le ali, una grossa goccia d’acqua le cadde accanto.
«Piove? In una notte così limpida e stellata?».
Cadde una seconda goccia, poi una terza. La rondine scosse le piume irritata.
«A che serve una statua se non ripara nemmeno dall’acqua?».
Guardò in su, verso la statua, e cosa vide? Non erano gocce di pioggia, ma lacrime,
che scendevano lungo le guance dorate del Principe.
«Chi sei?», chiese la rondine stupita.
«Sono il Principe felice».
«E, allora, perché piangi?».
«Per quello che vedo», replicò la statua. «Quand’ero vivo e avevo un cuore umano
ero sempre felice. I miei sudditi mi amavano molto e, quando morii, mi fecero questa bellissima statua. Ma, da quassù, vedo tutte le brutture e le miserie della mia città. E, anche se ora il mio cuore è fatto di piombo, non posso fare a meno di piangere».
Altre lacrime sgorgarono dagli occhi del Principe, che parlò ancora:
«In una misera casa, nella parte più povera della città, c’è una donna che passa le
giornate a cucire davanti alla finestra. Il suo viso è magro e stanco ed è tormentata dal
dolore per il figlioletto, che giace a letto con una gran febbre. Il bambino è smunto e piange, perché vorrebbe delle arance, ma la sua mamma è tanto povera che può dargli solo
acqua. Per favore, rondinella, aiutami! Stacca, col becco, il rubino della mia spada e portaglielo!».
«Ma io devo andarmene subito in Egitto! I miei amici mi stanno aspettando e, presto, verrà la neve!».
«Aiutami solo per questa notte!», pregò il Principe. «Il bambino ha tanta sete e la
sua mamma è così triste!».
La rondine staccò il rubino dall’elsa della spada del Principe e volò via, sopra i tetti, fino alla misera casetta. La donna era tanto sfinita che si era addormentata sulla sedia e non si svegliò neppure quando la rondine le posò il rubino accanto. Il bambino, intanto, si girava e rigirava, tormentato dalla febbre. La rondine tornò dal Principe.
«Che strano...», gli disse. «Fa tanto freddo eppure sento dentro un gran calore».
«È perché hai fatto una buona azione», rispose il Principe.
E la rondine si addormentò felice.
Il giorno seguente la rondine fece un voletto per la città e, passando sulla misera
casetta della donna, vide il bambino che, sfebbrato, guardava fuori dalla finestra, con, accanto, un grosso cesto di arance.
«Guarda, mamma: una rondine! Ed è quasi inverno!».
La mamma lo abbracciò e sorrise.
Quando, la notte, riapparvero le stelle per indicarle la strada, la rondine volò dal
Principe per dirgli addio.
«Non puoi restare un’altra notte soltanto, rondinella?».
«E come faccio? È quasi inverno e i miei amici mi aspettano!».
«Sempre nella parte più povera della città c’è un giovane, curvo su un tavolo. Vorrebbe scrivere, ma ha le dita intirizzite dal freddo; il camino è spento e lui non ha i soldi per comprare la legna. Ti prego: prendi uno dei miei occhi di zaffiro e portaglielo!».
«O Principe!», piagnucolò la rondine. «Non posso proprio!».
«Rondinella, ti prego: fai come ti dico!».
Così la rondine staccò uno degli occhi del Principe e lo portò allo scrittore. Il povero giovane sedeva con la testa tra le mani e non sentì la rondine entrare da un buco del tetto. L’uccellino posò la pietra preziosa sul tavolo e se ne tornò via. Rialzando la testa il giovane scorse, con enorme sorpresa, lo zaffiro.
«E questo cos’è? Ma guarda, devo avere un ammiratore segreto! Adesso sì, posso
finalmente finire il libro!».
Il giorno seguente la rondine era al molo e osservava le navi pronte per salpare.
«Stasera partirò per l’Egitto!», esclamò felice.
E, quando sorse la luna, andò a dire addio al Principe.
«Rondinella, resta con me un’ultima notte!».
«L’inverno è alle porte! Devo andare!».
Il Principe stette un attimo in silenzio, poi disse:
«È caduta la prima neve e, quaggiù nella piazza, c’è una piccola fiammiferaia, scalza
e stracciata. Non ha venduto niente in tutto il giorno e, quando tornerà a casa, suo padre la picchierà. Prendi il mio altro occhio e portaglielo!».
«No, resterò con te un’altra notte, ma non ti staccherò l’altro occhio, sennò diventerai cieco!».
«Rondinella, ti prego: fai come ti dico!».
Perciò la rondine staccò l’altro zaffiro col becco e lo fece cadere in mano alla bambina.
«Che bella pietra colorata!», esclamò, felice, la piccola. E corse a casa, ridendo.
La rondine si sentì pervasa da una tale felicità che tornò dal Principe e gli disse:
«Ora che sei cieco resterò con te per sempre!».
Il Principe cercò di protestare, ma la rondine fu irremovibile. Tutto il giorno seguente se ne restò appollaiata sulla spalla del Principe a raccontargli degli strani paesi che aveva visitato. Dopo un po’ il Principe le disse:
«Fai un giro sulla città, rondinella, e dimmi quel che vedi!».
La rondine volò sulla parte ricca della città e vide gente felice, che mangiava e si divertiva. Poi andò dove viveva la povera gente e vide bambini affamati stringersi uno accanto all’altro, in cerca di un po’ di calore. Quando il Principe ebbe udito le notizie, disse alla rondine:
«Io sono ricoperto di lamine d’oro purissimo; staccale una per una e portale ai poveri!».
Perciò, una alla volta, la rondinella staccò, col becco, tutte le lamine d’oro, finché il Principe non fu che una statua di piombo. Ma che felicità veder tornare un po’ di colore sulle guancine smunte di quei bambini e sentirli ridere di nuovo!
E, finalmente, scese, copiosa, la neve e ricoprì, col suo soffice manto, tutta la città.
La rondine aveva sempre più freddo e tentava di scaldarsi battendo più velocemente le ali. Non voleva lasciare il Principe, ma sentiva che stava per morire. Ebbe appena la forza di volare sulla sua spalla.
«È tempo che tu parta per l’Egitto, rondinella!», le disse il Principe. «Sei restata anche troppo a lungo! Ma dammi un bacio, prima di partire! Mi mancherai...».
«Non posso più andare in Egitto, Principe...», sussurrò la rondine. Lo baciò sulla bocca e cadde a terra, morta.
In quel momento si udì uno schianto secco: il cuore del Principe si era spezzato... per il dolore...
Il mattino dopo capitarono nella piazza il Sindaco e i Consiglieri.
«Ma cosa è successo alla statua del Principe felice?», esclamò, sorpreso, il Sindaco.
«Non ha più le sue pietre preziose! E anche le lamine d’oro che lo ricoprivano si sono staccate! E quest’uccello morto che cosa ci fa qui, eh? Signori, buttatelo nell’immondizia e prendete nota! Qua bisogna mettere un cartello: è vietato agli uccelli morire sulla piazza! Ci mancherebbe altro!».
Così la statua del Principe felice fu tirata giù e fatta fondere, per modellare un’altra statua: quella del Sindaco. Ma il cuore di piombo del Principe non si voleva sciogliere.
«Che strano!», disse l’operaio. E, senza pensarci oltre, lo buttò nella spazzatura, insieme alla rondine.
Poi Dio chiese a un angelo:
«Portami le due cose più preziose della città!».
L’angelo ritornò, col cuore di piombo e con l’uccellino morto.
«Hai scelto bene!», disse Dio. «Perché nel mio giardino, in Paradiso, questa piccola
rondine canterà per sempre e il Principe felice vivrà in eterno nella mia città dorata...».

© Trascritta da Corrado Giusti

 Maria Musik - 24/12/2010 13:50:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Ho aperto larecherche ed ecco ripescato un testo che avevo proposto due anni fa. A parte che adoro Wilde, ma credo ci sia in questa favola un messaggio ancora valido: non c’è neanche tanto bisogno di attualizzarlo.
Che tutti noi, uomini di buona volontà, al di là del proprio credo, ci si possa ricordare che è difficile compiere il bene da soli e che gli idoli vanno smantellati tutti, a partire dal proprio io che, a volte, diviene così imponente da tramutarci in un monumento a noi stessi.

 Alessio Romano - 04/01/2009 16:47:00 [ leggi altri commenti di Alessio Romano » ]

Ho letto qualche anno fa questa storia e mi ha colpito la semplicità con cui è scritta, qualcosa di così ingenuo!

 Roberto Maggiani - 31/12/2008 20:50:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Molto bello.

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