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canto solenne

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In quest’alba del mondo,

Mentre il cielo si scioglie nel mare

E nella terra il mare in pigre onde

E col maturare del giorno

Tutto sembra mescolarsi,

Fatto di nebbia e sale

Di gioia e desiderio

Evaporo nell’aria.

 

Su questa poca polvere grigia

Che rimane

Scrivi il mio nome:

Io sono Adone dalle membra leggiadre.

 

Sono luce e calore

Sono fiamma che sale

Fino ai più remoti cerchi del cielo,

Arco teso, dardo scagliato

Nelle vuote latebre dell’universo,

Silenzioso specchio, testimone

Di fatue esistenze.

Quando ogni fuoco sarà spento,

Sarò disperato rottame alla deriva

Sarò fredda cenere

Che l’alito nero della notte

Ha disperso.

 

 

Su questa poca polvere grigia

Che rimane

Scrivi il mio nome:

Io sono Adone dalle membra leggiadre.

 

Il sole si leva ogni mattina

Sulle roventi rovine

Volge il suo occhio languido

Dov’è passato il furore,

Il vessillo dell’odio,

Sugli esseri umani dispersi.

Per ore il cannone ha percosso

La nera incudine della notte

Suscitando foschi bagliori.

Si udirono nella tenebra passare

I cingolati, i passi dei soldati

Le urla degli straziati.

Seguo pietre miliari insanguinate.

Dove sei Adone? Per cercarti

Ho scavato a mani nude

Sotto il catrame e i sassi

Fino al cuore della Terra.

Disperazione la mia inconsolabile.

 

Nel cristallo in cui vivevo,

Attraverso le sue azzurre trasparenze,

Ammiravo la magnificenza del mondo.

Quando il vitreo bozzolo fu infranto,

Mi avviai per la strada del bosco,

Farfalla o cerbiatto libero sui prati.

Passarono le orde barbariche,

Le migrazioni delle genti,

Guerre e carneficine,

Sofferenze che nessun verso,

Per quanto bagnato di pianto, sa dire.

Nel bosco crepitò la fiamma

E la polvere coperse le rovine.

Tutto morì e tutto si riedificò

Per morire ancora.

 

Di me nulla troverai:

Le radici sono morte

E i petali sono dispersi dal vento.

Ogni sembianza è sfiorita

In quest’autunno senza fine.

Il mio corpo è divenuto arida terra.

Mai più Bellezza abiterà il mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Franca Colozzo - 26/06/2018 20:59:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

Questo farsi e disfarsi delle cose, come le onde del mare e come l’essere umano proteso verso l’immenso o trasformato in caduca cenere, lascia oscillare il pensiero tra un mondo trasognato e l’immagine cruda di una terra distrutta dall’uomo. Adone, immagine divina del bello, quell’essere leggiadro che varcava le soglie del mondo danzando e cibandosi di bellezza, ora appare sembianza sfiorita come petali di fiori appassiti.
Dall’alba del mondo, quell’Eden primigenio in cui avanzava l’uomo ancora in simbiosi con la natura, si passa alle lande desolate di oggi, dove guerre e bagliori laceranti, esodi migratori ed incipienti barbarie rendono la nostra vita un inferno.
Alla fine sembra che ogni speranza di bellezza sia arenata sulle sponde dell’Ade, nella desolazione di una terra devastata e di un uomo indegno di essa. Un senso di profondo pessimismo pervade la tua poesia, in cui non s’intravede un cambiamento della situazione umana.
Un saluto da Gaeta. Ti auguro una buona serata.

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