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al testo di paolo massimo rossi
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Dal mio nuovo romanzo inedito DIARI SOSPESI.
Mi avvicinai e Brusi mi disse, con una voce indecisa: “Purtroppo Macor, l’ha fatta finita!” Lo guardai stupito: “Che vuoi dire?” “Si è buttato giù dal settimo piano del suo condominio.” Rimasi senza parole. In quel momento pensai che Macor mi avesse sempre dato l’impressione di essere una persona tormentata, alla ricerca di un se stesso che si manifestava in modo incomprensibile. C’era un’atmosfera pesante; improvvisamente, nella stanza era sceso un silenzio che sapeva di stupore e tristezza. Prese la parola Alfonso: “Forse Brà è in grado di dirci di più. In fondo era l’unica persona, qui al circolo, con cui Macor si confidava e che aveva in simpatia,” “Posso solo dire che ho un grande dolore dentro,” risposi, e mentre lo dicevo sentii che gli occhi mi si stavano riempiendo di lacrime. “Quando è successo?” Chiese Cesidio. “Stamattina all’alba,” rispose Alfonso. In fondo al salone, notai Yvonne che piangeva in silenzio. “Cosa facciamo?” chiese Censis. Poi, rivolto a me: “Aveva parenti … viveva solo?” “Non lo so,” risposi. Mi guardarono come se fossi colpevole della sua morte. “E i funerali?” Chiese Manuela. “Ci informeremo, ma credo non prima di dopodomani,” fece Alfonso, che aggiunse: “In ogni caso, oggi la seduta del circolo non ci sarà. Poi dovremo preoccuparci di preparare un comunicato e di comprare una corona di fiori.” “Ma ci sarà una cerimonia funebre in chiesa?” S’informò Cesidio. “Intanto bisognerà trovare i parenti,” osservò Brusi. “Te ne occupi tu, Glauco?” “Credo che sia compito del responsabile di questo gruppo,” fece notare Cesidio. “Me ne occuperò,” rispose Alfonso, “Manuela tu mi darai un’assistenza? In ogni caso le riunioni sono sospese almeno sino a dopo il funerale. Farò un comunicato; ci vediamo domani pomeriggio qui, per organizzarci.” E aggiunse: “Certo un qualcosa di inspiegabile!” Mi chiesi se avrei dovuto avvisare Millìa, ma mi resi conto di non averne alcuna voglia. Tra l’altro, avevo sentito Macor esprimere un giudizio poco lusinghiero su di lui: pensai che non sarebbe stato opportuno. Domandai se potevo avere qualche sua poesia. Alfonso le cercò in un cassetto e me le consegnò. Ne fui contento, anche se nei suoi modi frettolosi notai un atteggiamento connotato da mancanza di rispetto verso un uomo che, pur con tante contraddizioni, aveva partecipato alle iniziative e allo spirito del circolo con spontanea sincerità. Oltretutto senza timore di essere giudicato. Era stato se stesso senza fingere mai e senza accettare acquiescenti compromessi, a costo di irritare più di una persona lì dentro. Mentre uscivamo, udii la voce di Manuela: ”Non ho mai capito se fosse credente. All’inizio sembrava animato da una fede sicura, poi era diventato cinico e aspro, verso sé e verso il mondo. Veramente inspiegabile. Forse è lì la spiegazione del suo gesto.” Arrivai a casa e mi accinsi a rileggere alcuni versi di Macor. In quelle parole, a volte prive di senso, doveva trovarsi il preannuncio di una tragedia che si era manifestata in un modo così inaspettato e doloroso. Lessi: «La parola indomata è garante di vita, Rugge e muggisce contro sguardi villani …» E ancora: «Per il poeta bellezza allora fu il sogno, e segreto nutrì il suo candido amore.» Non ci avevo mai riflettuto, ma adesso ero in grado di dire che Macor credeva nella forza delle parole e sognava una bellezza da trovare, probabilmente, solo nella sua immaginazione poetica e non nelle banalità quotidiane. |
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