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Sonetto mesto

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Tutte le porte cedono, nel tempo,
il segreto che celavano, chiuse;
le nostre vite mutano in un lampo
ma spesso le speranze son deluse

da nuove pietre aguzze per inciampo.
E restano le spine delle rose
che ritrovammo in fiore a pieno campo.
Le ore dei miei giorni, puntigliose,

rintoccano col suono del malanno;
gli affetti che scompaiono, improvvisi,
rivelano le tracce dell'affanno

del nostro sopravvivere divisi
dall'amore, dai sogni senza inganno.
Inseguendo la gioia, i suoi sorrisi.


*

 Antonio Ciavolino - 14/09/2018 00:06:00 [ leggi altri commenti di Antonio Ciavolino » ]

Grazie, Alberto, per l’apprezzato commento in metrica che fa da controcanto al mio testo. Visto l’incipit della tua nota, si potrebbe farne, con piccoli aggiustamenti, un brano tutto in endecasillabi. Tipo:

E’ un male la mestizia assai comune / non c’è rimedio o farmaco efficace / Il tempo corre rapido, verace. / Si tira a dismisura questa fune / che inevitabilmente poi si spezza / bruscamente, però quella dolcezza / dell’invecchiare adagio col sorriso / E’ un dono che ben pochi hanno sul viso.

Che ne pensi?
Ciao, alla prossima.

 Alberto Becca - 13/09/2018 20:30:00 [ leggi altri commenti di Alberto Becca » ]

E’ un male la mestizia assai comune / non c’è rimedio o farmaco efficace / Il tempo corre agile, verace.. / Si tira a dismisura questa fune / che inevitabilmente poi si spezza / bruscamente .. ma la dolcezza / dell’ invecchiare con il sorriso / E’ un dono che pochi hanno sul viso

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