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al testo di Mariano Bonato
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Le foglie delle querce sono celesti alabarde ai confini delle nuvole bianche. Sussurrano "è giorno" al picciolo che le tiene sul ramo nella luminosa certezza di un istante. Ardono in ombre tremule sui sassi e i cespugli di sambuco lungo il sentiero che macina incessante la natura e il sangue, nella luce che abbraccia le verdi moltitudini, il respiro dei vivi, il frusto schicchiolio che ci trattiene collegati al fusto a ricapitolare il tempo in un vastissimo incomprensibile respiro. Oh Dio, saperti o non saperti esistere è un problema di prospettiva quasi inconsistente nel fluido che trascina le ere, nel magma che modella incessante il paesaggio sfuggente dei sogni terreni. |
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