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La turista di Brighton

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Vi dico subito che non siamo da Rivoire. Nemmeno da Gilli. E nemmeno alle Giubbe Rosse. Qui i camerieri non hanno il panciotto e i guanti bianchi. Perché non ci sono camerieri. E di qui non c'è mai passato né Marinetti né Fattori, e nemmeno Soffici. In via delle Belle Donne non ci vengono grandi uomini, e se ci vengono non lo fanno sapere a nessuno. Noi però siamo dei poveri bischeri, quindi il caffè Rogai ci calza come la pelle alla salsiccia.

 

“Oh, Bellini, noi si fa festa!”

“O bravo! L'hai fatto uno squillo a casa? La tu' moglie deve avere il tempo di rivestirsi e buttar fuori il ganzo dal balcone...”

“Imbecille!”

“Meglio imbecille che becco.”

“Ma vaìa, vaìa...Giovanni, quanto devo?”

Il barista alza il capo dal libro dei corrispettivi.

“Se la fa per tutti, Tosi, son quarantacinque lire”.

“Sìe! E pago per gli amici, mica per...”

“Il Bellini ha già pagato il suo, la faccia meno lunga.”

“Va bene, vai. Ecco il lesso. Buonanotte, Giovanni.”

“Buonanotte, Tosi. Fate piano quando uscite, che la vedova Giunti del pian di sopra, se la svegliate a quest'ora, chiama i carabinieri...”

“Sì, sì, 'un ti preoccupare...”

Giovanni sbuffa. Lo sa già, che appena passati sotto il bandone cominceranno a vociare e a ridere, come essere in mezzo al mercato.

“E te, Bellini? Ci dai mano a dare il cencio in terra stasera?”

Bellini sono io, quello seduto al tavolino d'angolo, con la sigaretta in bocca e il bicchiere vuoto da almeno tre quarti d'ora.

“Mah. E 'un c'ho mica voglia di tornare a casa.”

Giovanni mi guarda da sopra il banco.

“Se tu' speri in un bicchiere a ufo t'hai sbagliato uscio. E poi la mescita finisce all'undici in punto, quindi nisba.”

Mi metto a guardare dentro il bicchiere, senza ragione.

“O com'è che nei film americani il cliente c'ha sempre ragione e i baristi sono educati più delle monache, e qui a Firenze ce l'hanno tutti tòrta nemmeno gli si chiedesse le decime?”

Giovanni sta per rispondere a modo, quando sente un leggero bussare al bandone.

“Siamo chiusi!!”

Una voce femminile si insinua sotto la lamiera.

“Excuse me?”

Scarpine nere, calze chiare e una sottana plissettata verde al ginocchio sono le uniche cose che riesco a vedere. Poi la figura si accoccola per passare sotto al bandone e vedo anche il resto. Giacchina dello stesso colore della gonna, camicetta bianca, foulard fantasia al collo, cappellino con la veletta alzata e guanti di pelle scura.

“I'm so sorry but...I've been robbed...”

“Signorina, e 'un capisco i'che la dice, ma siam chiusi a quest'ora...”

Intervengo, alzandomi in piedi.

“Stai buono, Giovanni, dice che l'hanno derubata. Where, madam?”

La bella sposa fa due passi dentro il caffè, mi guarda come se fossi l'ultima scialuppa sul Titanic.

“I was going back to my hotel...they took my purse...it was near the church, the one with the bare front...”

“Come, have a seat. Giovanni, si può avere un bicchier d'acqua? Alla signora gli hanno rubato la borsetta in San Lorenzo.”

“Ahia. Certo, a girar da sola a quest'ora, se l'è chiamata...”

Non so perché ma scatto come una tagliola.

“Bel discorso a bischero! O come tu ragioni? La gente la dovrebbe poter girare tranquilla giorno e notte, sa un tubo la signora che qui siamo il paese dove i ladri fanno buca!”

La voce della signora si incrina.

“Please, no...don't fight, please...”

Comincia a piangere piano, dev'essere una brutta botta esser derubati in un paese che non è il tuo, dove non c'è santi a cui votarsi.

“I'm so sorry. Please, sit here. My friend will bring you a glass of water.”

Le prendo una mano con una delle mie, poso l'altra sulla sua spalla e la accompagno al tavolino. Mi arriva la voce di Giovanni.

“Sarà il caso di dargli anche uno Strega, così ripiglia colore. Ma te, com'è che tu sai l'inglese a questa maniera?”

“E' perché, a farmi i fatti miei, m'è avanzato il tempo per impararlo. Lascia perdere lo Strega e porta l'acqua e basta, giù”

Appena la signora si siede le offro il mio fazzoletto.

“Thank you. Sorry for bothering you...”

“No problem, madam. Take a moment.”

Arriva Giovanni col bicchiere d'acqua.

“Prego, signora.” E poi subito a me:

“E i'che gli si fa, a lei? Si deve chiamare i carabinieri per la denuncia...”

Alla parola carabinieri la signora si riscuote:

“Oh, I don't want to call the police now! Can I report the robbery tomorrow morning?”

“Chiede se può fare la denuncia domattina, non vuole chiamare adesso.”

Giovanni fa la faccia a pensatoio. Mentre gli girano le rotelle dietro la fronte la signora si rivolge di nuovo a me.

“I was just hoping to find someone to...to escort me to the hotel. I don't want to go alone.”

“Allow me, madam.”

“It's Christina, by the way, mister...”

“Bellini. Everyone here knows me as Bellini.”

“Thank you so much, mr. Bellini. I'm so glad I found you.”

A quel punto Giovanni ci comunica il risultato del suo arrovellarsi.

“Mah...secondo me si deve chiamare ora. Quando c'è bailame qui bisogna chiamar subito. ”

“Ho capito, ma se la signora dice che non c'ha voglia ora...che ti cambia, quando fa la denuncia?”

“Eh, mi cambia che ce l'ha detto a noi. E se mi chiedono come mai non ho chiamato quando me l'hanno detto io i'che gli rispondo, che la signora c'aveva il fru fru? No, via, Bellini, e bisogna chiamare ora.”

La signora si alza piano.

“Oh...I'm so sorry, mr. Giovanni...”

“Icché la dice?”

“Che gli dispiace, ma un' lo so mica perché...why are you sorry, Christina?”

“Because of this”.

Si sente uno scoppio, come di un petardo. Giovanni strabuzza gli occhi, si mette una mano al lato dello stomaco e cade in terra. Batte la testa contro il poggiapiedi del banco e lì rimane. Faccio per chinarmi su di lui, mi volto verso la signora e mi blocco.

Il rumore di petardo è in realtà quello di una piccola rivoltella, che adesso è puntata su di me.

“And now, Bellini, it's you and me.”

Mi alzo piano e sollevo le mani.

“Oh, mamma mia...Christina, what...why...?”

“Let me refresh your memory.”

La donna si siede di nuovo e mi fa cenno con la pistola di fare altrettanto. Dopo avermi fatto mettere le mani sul tavolino per poterle vedere, comincia a parlare in un italiano un po' stentato.

“Mio nome è Christina Lynott, e sono di Brighton. Sono la filia di Gerald Lynott.”

La guardo, spaventato ma anche perplesso. A terra c'è Giovanni che si lamenta piano.

“Mi dispiace, Christina, ma a me questo nome non mi dice nulla.”

Fa una smorfia di disgusto.

“Tu ha già dimenticato, vero? Il Camp eighty-two, in Laterina...”

“Laterina? È qui vicino, verso Arezzo...ma io non ci sono mai stato...”

Christina mi tira un ceffone con la mano libera. Faccio un urlo, più di sorpresa che di dolore.

“You bastard!! Mio papa era in Camp con altri inglesi, quando è guerra, e tu conosceva lui! Lui scritto di te in lettera a nostra familia...tu fatto male lui, per tanto tempo...tu reportato a tedeschi lui quando lui scappa...e tedeschi...”

Singhiozza.

“...e tedeschi porta lui a Blechhamer. Lui morto là.”

Alza di nuovo la rivoltella e me la punta contro.

“You Fascist shit! Now, you have to die!”

Mi tiro indietro sulla sedia, alzando ancora di più le mani.

“Christina, guarda che ti ho detto la verità! Mi dispiace per il tuo babbo, ma io a Laterina non ci ho mai messo piede, ero in Garfagnana coi partigiani...”

Mi guarda per un istante. Poi fa una smorfia che vorrebbe essere un sorriso.

“Of course...tutti italiani partigiani...oh, io no fassista, never!! Ma io conosce te, Bellini...papa scritto tanto di Camerada Marsio Bellini...”

“Marsio??”

L'esclamazione inaspettata di Giovanni, da terra, spaventa la donna, che d'istinto gli punta la rivoltella addosso, allungando il braccio. Mi basta: la prima manata, di piatto, è per la pistola, che finisce sotto la madia d'angolo, la seconda, a pugno, sulla faccia della figliola, che va giù dalla seggiola. Non le do il tempo di riprendersi e le blocco le braccia dietro la schiena, la tiro su e la sdraio a pancia sotto sul tavolino. E' ancora intontita.

“Christina, spell my name!”

Mi arriva una voce sottile.

“What?”

Le do una strattonata ai polsi, un po' per svegliarla un po' per prendermi una rivincita dallo spavento.

“Spell my name, I said!”

Si volta a guardarmi, gli occhi che mandano fiamme.

“M-A-R-C-I-O. Marsio!”

Mi scappa un bestemmione, di quelli davvero pesanti. Tenendola sempre per i polsi, mi frugo nella tasca dei pantaloni e tiro fuori la carta di riconoscimento. Gliela paro di malgrazia davanti al viso.

“Leggi, cretina!”

Lei continua a guardare me, per qualche momento. Poi, controvoglia, abbassa gli occhi sulla carta e legge. Vedo i suoi occhi che si fissano su un punto, poi si allargano piano piano.

“But...but...how...”

Si sente battere sul bandone.

“Oh, chi c'è qui dentro? Carabinieri! I presenti s'identifichino!!”

Giovanni fa uno sforzo e alza la voce.

“Polvani?”

Risposta secca:

“Sì, son io! Bartalesi, che mi tiene aperto a quest'ora? Per stavolta passi, ma...”

Giovanni dà fiato alle ultime energie.

“Venite dentro, che ci s'ha un problema o due...”

 

Tranquilli, Giovanni sta bene. Il proiettile è entrato e uscito, non ha beccato nulla di importante. Domani esce da Santa Maria Nuova, e meno male perché al caffè in questi giorni ci ha pensato il figliolo più grande, negato come un cinghiale a lavare i piatti.

A Christina invece, per uscire da Santa Verdiana ci vorrà un po' più di tempo. Tre anni, nessuna attenuante, quindi niente condizionale e niente uscita per buona condotta. L'ambasciatore inglese non ha nemmeno voluto sentirla, appena gli hanno spiegato com'è andata se n'è lavato le mani, e ha fatto in modo di farlo sapere a tutti.
Io credo che sia gli inglesi che gli italiani l'abbiano voluta portare ad esempio, la povera Christina. Capite, non è che si può permettere a tutti quelli che c'hanno qualche conto di guerra in sospeso di andare a giro a sistemarlo a colpi di rivoltella.

Mica perché tanti non se lo meriterebbero, per carità. È che a volte, nella frenesia della vendetta, capita che si sbagli qualcosa. Magari una particolare, una cosina da nulla.

E così può succedere di confondere una guardia in un campo di prigionia, particolarmente odiosa e con parecchi morti da giustificare al Signore, all'anagrafe Marco Bellini, con un bischero che restaura mobili e svuota bottiglie di Chianti, all'anagrafe Marzio Bellini.

Intendiamoci, ce l'ho anch'io qualche morto sulla coscienza: ma per quanto ho saputo il Camerata Bellini, fra l'altro scomparso nel nulla prima dell'arrivo degli americani, a torturare e ammazzare la gente c'aveva preso parecchio gusto, e quello posso dire di non avercelo mai avuto.

Quando l'hanno portata via, Christina stava piangendo anche l'anima. Mi guardava e non faceva che ripetere, con le labbra solamente: “I'm sorry”.

Sapete, domani o doman l'altro io una visitina a Santa Verdiana la faccio. Se mi volete dar di bischero fate pure: c'è da prendere il numero e mettersi in coda.

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