Lo so che mi vedi e folle mi studi zitto. Ma è che faccio finta di nulla: con quell'occhio vitreo mi vai ben oltre il muro bianco. Del soffitto dico io lo sbrego, luminoso, tra sagome falsanti agonia del giorno. Tu dimmi: Ti vedi? Standotene con socchiusa mente in quella cannuccia che ti stilla trasparente goccia in vena... mi senti? Puoi sentirmi? Oppure sei troppo intento a raccogliere forze per uscirtene dalla testa? E chissà cosa ci vedrai mai, fuor di quella tua testa che premi febbrile contro la sponda del letto ... a pensarci bene: ne ero sicuro che ci saresti stato: era da tanto che non ti ci vedevo. Ho immaginato così, che ti ci saresti impegnato allo spasimo, per esserci ancora lì, con lei e nonostante lei, più che mai sfuggente, figlia velata di nero per startene sul ballatoio seduto fumando e berciando di contro il mondo: dirimpettaio irrispettoso ringhiante rissoso meglio che te. Come un tempo quando più che scarnificato d'ironia provetto nei tempi ed algido nei temi nuotavi nel cortile tra una birra e l'altra.
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Salvatore Pizzo
- 24/08/2019 04:49:00
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X Maria Teresa: Grazie a te anche per queste tue gentilissime e generose parole: anche per me è stato una bella scoperta la tua poesia. E mi sono ripromesso di seguirti nelle tue evoluzioni poetiche.
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Maria Teresa
- 23/08/2019 02:23:00
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Un piacere aver fatto la conoscenza della tua poetica che muta spoglie ad ogni lirica vessando, in maniera prorompente, emozioni sempre diverse ma uguali nella forza comunicativa. Passerò spesso a leggere le tue opere, ora che le ho scoperte. Grazie
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Salvatore Pizzo
- 21/06/2019 16:37:00
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X Annalisa: Un inchino a te mia cara Annalisa, anche per avere condiviso questo sentire... Abbraccio più che mai caro.
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Annalisa Scialpi
- 21/06/2019 09:30:00
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Stupenda poesia. Veramente stupendo sapere che, al mondo, cè ancora il fiore febbrile dun Sentire, capace di squarciare muri bianchi.
Un abbraccio.
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Salvatore Pizzo
- 10/06/2019 03:23:00
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X Lino: Grazie e di cuore per queste tue parole così incoraggianti, mio caro Lino, cercherò di tenerle ben presenti, quando dovesse prendermi lo sconforto e farsi forte il desiderio dabbandono... Ciao!
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Lino Bertolas
- 08/06/2019 09:29:00
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Molto è stato già detto su questa tua poesia. Posso solo aggiungere che è ammirevole questa tua volontà e capacità di metterti in sintonia con le sofferenze e i sentimenti di altri e tutto ciò attraverso versi taglienti ed espressivi. Ciao!
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Salvatore Pizzo
- 06/06/2019 15:53:00
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X Elsa: Quel che tu scrivi, mia cara Elsa, lo sento anche profondamente mio. Anzi è alla base della mia esperienza poetica: un "percorso"mio innanzitutto, poi che provo a proporre affinchè si possa ampliare conoscenza ,pure attraverso la condivisione dellesperienza, oltre che la riflessione. Ad un dato momento della mia vita, mi sono chiesto se era possibile affrontare largomento della morte, non solo come assenza o mistica religiosa di un al di là; bensì anche come esperienza linguistica, nella quale la parola si fa strumento per arrivare allimpossibile:carpire il segreto delle nostre cellule, quelle che ogni giorno ci muoiono, pur sempre riproducendosi, come in una corsa contro il tempo che, alla fine, le vedrà in ogni caso soccombere. Dunque rassegnandosi alla trasformazione in qualcosa daltro immemore. O che, in ogni caso, non più in grado di specchiarsi in altri e con questi altri comunicare. Insomma non"ho timore di apprendere verità troppo crude", bensì ho il timore di non avere il tempo sufficiente per poterne apprendere sempre di nuove. Anche perchè ho sempre ritenuto che la vita sia una possibilità nelluniverso impossibile. E quale verità più cruda di questa? E quale poesia può sgorgare da un corpo che sta consumando anche le ultime briciole di energia di questa sua unica, irripetibile, possibilità?... Perdona il mio essermi dilungato e se posso esserti sembrato tedioso. Grazie di cuore anche per aver voluto percorrere con me questo breve ed umile sentiero fatto di parole senzaltro sofferte, quantomeno nel loro essere riflessi di vita. Ciao Elsa
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Salvatore Pizzo
- 06/06/2019 15:22:00
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X Graced: Grazie di cuore, mia cara amica anche per lapprezzamento molto lusinghiero, oltre che per la lettura che allarga lorizzonte della riflessione, toccando un aspetto non secondario. Anzi vitale, mi vien da ragionare, dal momento che fondamentalmente si scrive per qualcuno sempre. E dunque, sempre a qualcuno ci si rivolge: che sia se stessi o altri. Comunque pure il monologo interiore può rivelarsi un pretesto, affinchè altri afferrino un gancio, provando così a brancolare nel vuoto e nel buio delle coscienze in prospicienza delloscurità. Un salutabbraccio
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Salvatore Pizzo
- 06/06/2019 05:09:00
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X Franca: Grazie a te e di cuore, mia cara Franca, anche per avere allargato la discussione al campo religioso e dunque della fede. Ebello sentire quanto siano vicine le n8stre percezioni riguardo allessere energia che dalluniverso viene e che ad esso ritorna, in una sorta dorbitare di comete. Di mio posso soltanto aggiungere che, a mio modestissimo parere, luomo non è fatto di categorie così nette, riferibili al bene o al male: le cose sono molto più sfumate, appartenendo alla complessa e varia unicità dellessere vivente. Per conseguenza, finiscono per risultare costruzioni paradigmatiche, le tante divinità che accogliamo nella forma monoteistica, come in quella politeistica. Costruzioni elaborate dal bisogno di dare connotazioni allenergia che sentiamo fluire nei nostri corpi, come nella natura che ci circonda. Luomo ha cominciato a dirsi tale dal momento in cui ha cominciato a cercare di veicolare lenergia propria e quella delle cose, anche a costo di sperimentarla anche sulla propria pelle, in un trionfo di sadismo e masochismo connaturato allesigenza di sopravvivenza. Una notte ricca di sogni dorati a te...
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Salvatore Pizzo
- 06/06/2019 04:48:00
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X Giovanni: Questa riflessione, che son felice di condividere con te, mio caro Giovanni, è molto ricorrente nei miei pensieri. A maggior ragione quando mi appare il fine vita di qualcuno. E mi sorge spontaneo chiedermi, interrogarmi, anche attraverso gli occhi chiusi del trapassato, su quella zona grigia chè terra di nessuno, dal momento che non è nè vita nè morte: la si attraversa per andare nel regno dei morti. Ma, a quel che ne sappiamo, non è possibile ritornarne. Anche se ci piace, come in un racconto di E. A. Poe, riuscire a fermare lattimo in cui ci si ritrova in questo luogo. Eppure la cosa finisce per generare orrore. Ci si mette nei panni dellagonizzante e si atterrisce al solo supporre che si possa rimanere confinati allinfinito nel"limbo"della non vita. Non molto tempo fa, un medico mi spiegò una cosa straordinaria:quando si arriva agli ultimi istanti di vita, nel corpo si mette in atto un processo che fa sì che, tutte le energie ancora presenti, vengano risucchiate dal cervello, nel disperato ultimo tentativo di sopravvivere. E questo processo a farmi immaginare che ci se ne esca dalla testa, quando si muore. Ecco, sono proprio queste riflessioni che mi appaiono così razionali, a suonarmi contraddittorie con lempatia che, al contrario, dovrebbe tenerci vicini con la persona sofferente ed agonizzante. E qua che ci trovo quella parola"egoismo"da te così bene citata:alle volte si fa propria la sofferenza altrui, nel tentativo di comprendere la nostra di morte, il processo che, anche noi, dovrebbe condurci nellal di là, giusto passando per la testa... Spero tu possa perdonare questo mio dilungarmi. In ogni caso, Grazie di cuore.
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Elsa Paradiso
- 05/06/2019 20:17:00
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Ho “percorso” questa tua come un dialogo col proprio sé, che da tempo mancava. Forse per il timore di apprendere verità troppo crude. Un triste episodio può aver indotto tale riflessione poetica. Ma il discorso qui si presterebbe a essere ampliato per toccare cardini religiosi e filosofici insiti nel DNA, e sollecitati dal vissuto esperienziale soggettivo ed oggettivo. Piaciuta molto.
Ciao, Salvatore.
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Graced
- 05/06/2019 19:38:00
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Lho letta più di una volta e, credo che ti rivolga a qualcuno che non sta bene, o che abbia difficoltà a ricordare e, tu, osservandolo ricordi momenti vissuti assieme, scene collegate tra di voi con qualche dissenzio che vi allontanava anche per il carattere freddo della persona sopra citata. Bellissimo testo, che ho molto gradito e condiviso piacevolmente la tua poetica. Un saluto abbraccio, caro S! P.S. Scusa se ho toppato mi sembra troppo personale e non si riesce mai ad entrare a fondo nelle situazioni di ognuno di noi.
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Franca Colozzo
- 05/06/2019 15:31:00
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Alla fine Salvatore non riusciamo mai completamente a liberarci dal nostro ego anche quando ci soffermiamo a considerare il dolore altrui. Dico sempre che bisogna provarlo sulla nostra pelle quel dolore per comprenderlo fino in fondo. Alla fine, la nostra e laltrui sofferenza non sono altro che sfaccettature di un tutto, derivando da quellAdamo che, disobbedendo a Dio, ha scatenato le ire divine o da quella Pandora che (la mitologia ha molti punti di contatto con le varie religioni) ha aperto il celeberrimo vaso, liberando così tutti i mali. Ma, se luomo è impastato di bene e di male, esistono allora due entità: Dio e il diavolo? Mi fermo a S. Agostino, grande filosofo e dottore della Chiesa, che sottolineava lincapacità delluomo di conoscere quel gran mare che è la conoscenza totale. In verità tutto è energia e, nel bene e nel male, apparteniamo allo stesso flusso universale, solo che pensiamo di essere microcosmi isolati gli uni dagli altri. Grazie per le intrinseche riflessioni filosofiche in questi tuoi versi. Buon pomeriggio.
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Giovanni Rossato
- 05/06/2019 12:39:00
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Le tue sembrano anche un pò le mie rimuginazioni quando penso che quel fare proprio il dolore altrui abbia assolutamente perso il suo valore originario perchè ahimè non è fare proprio lo sguardo dellaltro, che è qualcosa di anteriore allio, ma qualcosa che passa attraverso quel gorgo di egoismo che soliamo chiamare io. Quello che hai scritto mi è piaciuto, grazie.
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Salvatore Pizzo
- 05/06/2019 04:10:00
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X Luca: Nulla di cui doverti scusare, mio caro Luca: la poesia è questa e tu lhai letta come la percepivi. Del resto, uno degli argomenti di discussione che mi capita spesso di affrontare, è proprio quello sul quale tu poni laccento: nella realtà noi cosa possiamo sapere del dolore altrui? Siamo forse nei suoi nervi, per sentirne le scosse e gli spasmi? Mi capita che mi si dica di essere insensibile, perchè non riesco a comprendere fino in fondo la sofferenza dellaltro. Ed in parte ciò è vero. Perchè, se rimuovo il mio dolore, magari cercando di supportare quello dellaltro, finisco per mettere in secondo piano anche il patimento altrui. Eparadossale, lo so, però è così per me. Ma, in ultima analisi, come premesso: se non sono nella carne dellaltro da me, non mi sarà mai possibile provare le stesse emozioni. E in gioco la sensibilità personale ed intima di ognuno di noi. Quella stessa sensibilità che ci espone azzardati di fronte alla morte dellaltro: la rimuoviamo perchè rimuoviamo quella nostra. Essere indulgenti con se stessi invece presuppone che, attraverso laccettazione della morte personale, si finisce per accettare la morte dellaltro da noi... Ma perchè mi sono lasciato andare in questo delirio che non mi sento nemmeno di rileggere?... Ah, ecco: volevo dirti che non cè proprio nulla di cui doverti scusare. Questa è la poesia e questa è la tua lettura e conseguente riflessione. Io posso soltanto ringraziarti di cuore anche per questa tua preziosa riflessione. un caro saluto
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Luca Gamberini
- 04/06/2019 23:33:00
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Mi sono un po ritrovato leggendo questi versi, a volte penso che bisognerebbe essere più indulgenti con noi stessi, spesso ci supportiamo anche il dolore degli altri che non possiamo mai sapere, perché nessuno può conoscere il dolore dellaltro e solitamente si tende a far finta di nulla con il nostro. Ma forse non ho capito nulla e anticipatamente mi scuso se così fosse. Un caro saluto.
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