Tardo l'affondo non perchè lenta la bracciata. E' che, spesso, le cose un ritardo richiedono: soffuse tanto sono fonde, più che nel cuore l'abisso. A seconda, ci vuole il tempo giusto, per allacciarci zavorra ai piedi per arrivarci a stringerle nitide ove uniche s'attardano sommerse: si da non essere meno oniriche di quelle vere immaginate a notte e che, verosimili, ci restano cicatrici arse sul corpo che affonda.
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Salvatore Pizzo
- 22/06/2019 15:14:00
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X Cristina: Cose tra cose, siamo: il linguaggio ci permette di definirle e lo specchio di rifletterci in esse, attraverso la comune superficie. Ma, volendo andarci a fondo, è chiaro che dovremo sobbarcarci lonere di considerare le cose anche come zavorra di cui, sono certo, potremo liberarci. Un pocome coloro che praticano limmersione in apnea: quando giunti al fondo, assunta consapevolezza del superfluo e dellessenziale, sanno che la spinta a riemergere, mollando le zavorre, non potrà che essere naturale, conseguenziale; espressione dei limiti, ma anche della grandezza dindividui, capaci di andare verso lalto come verso il basso, acquisendone coscienza e tesaurizzando lesperienza nel dna... Insomma, almeno ci ho provato, mi vien da dirmi leggendoti, a proseguire nel discorso filosofico che hai aperto con le tue splendide parole. Per nulla facili le tue considerazioni. Ho provato ad ampliarle. E mi riservo di farlo ulteriormente, dal momento che trovo la tua lettura assai stimolante e promettente sviluppi molto intriganti. Non posso che essertene infinitamente grato. Grazie e di cuore più che mai
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cristina bizzarri
- 22/06/2019 09:33:00
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Resisto a non leggere gli altri commenti e mi arrischio a inoltrarmi in questa tua poesia tanto onirica quanto metafisica - John Donne mi risale alla memoria. Scorre con un tempo lento e nobile, quello dellaulico alessandrino. E le cose assumono un ruolo ontologico e nello stesso tempo simbolico: le cose sono, le cose siamo. Di queste è fatto il tessuto dei nostri sogni ed è fatta la realtà, sì che non è possibile separarci da esse. Ne siamo intrisi e abitati. Questo è il nostro destino, portare zavorre di cose ai piedi per affondare ma anche, se sono leggere, per trasmutarle in ali e per volare. Dunque il nostro fine e la nostra fine hanno lo stesso destino delle cose che cospargono di senso la nostra vita. Un affondare dove? Forse, in risalita. Una poesia che sa di mistero, quel mistero che tutto di sé intride e fa della vita una continua meraviglia, dove gioia e dolore sono mescolati. Davvero interessante e indicativa del tuo genio poetico. Io lho intesa così ...
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Salvatore Pizzo
- 21/06/2019 16:47:00
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X Annalisa: Non posso non confermarti che ci provo "a dragare gli abissi". Del resto è anche un attività che è propria di chi si cimenta con la poesia. E non posso che essere lusingato molto per questo tuo apprezzamento e per la condivisione... A te un abbraccio dei più cari e grazie sempre di cuore.
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Salvatore Pizzo
- 21/06/2019 16:43:00
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X Giovanni: Quando si legge con il proprio cuore, non si manca mai il bersaglio. Anche perchè, le cose, spesso hanno il valore che ad esse attribuiamo: possono essere agite come possono anche agire, però, in fondo che differenza cè tra lessere vittime degli eventi ed invece credere di esserne attore partecipe? Sempre di illusioni trattasi. Di noi è la possibilità di calarci, di immergerci nelle cose, per ritrovarci verità e senso. Il tuo senso è questo, ed a me piace molto...... Grazie a te e di cuore.
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Annalisa Scialpi
- 21/06/2019 09:24:00
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Tardare laffondo diventa allora inevitabile... E sono le tue parole, soffuse, che dragano gli abissi.
E non ci sono abissi più fondi delle cicatrici arse sul corpo che affonda.
Un caro saluto
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Giovanni Rossato
- 20/06/2019 21:36:00
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Quellarrivare dopo che è un ritardo voluto dove rallentare è trarsi dimpaccio arrivando inattesi. Spero di aver colto nel segno, comunque sempre magistrale il tuo stile. Grazie Salvatore
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Salvatore Pizzo
- 20/06/2019 14:54:00
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X Elsa: Alle volte suona anche paradossale che, quel giungere"dopo",pur essendo frutto del ritardo di comprendonio, finisca per rivelarsi opportuno e dovuto, per potere esplorare, proficuamente, la complessità ed intreccio del vivere. Un po come tu dici con quel"dopo",nel senso del"a mente fredda"... Grazie di cuore più che mai, mia cara Elsa. Ciao
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Salvatore Pizzo
- 20/06/2019 14:45:00
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X Graced: Felicissimo ed assai lusingato, mia cara amica, dal fatto che te ne sia sentita coinvolta. Oltre che per la lettura molto passionale: landare a fondo nelle cose, un poin tutto, è qualcosa che ci appartiene, che contribuisce a dirci umani... Grazie di cuore con un salutabbraccio più che caro sempre.
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Salvatore Pizzo
- 20/06/2019 14:37:00
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X Lino: ... del resto, alle volte, è come se si fosse dei sub: ci si muove con gesti lenti e con circospezione. Ogni piega, sui fondali del discorso, può celare pericoli anche mortali, oltre che meravigle e segreti tutti da chiarire. Grazie di cuore anche per lapprezzamento assai lusinghiero.
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Elsa Paradiso
- 20/06/2019 07:25:00
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Nel "dopo" , quando le emozioni si assopiscono, si riescono a valutare meglio "le bracciate" e con esse quel che segue ...
Ciao, Salvatore.
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Graced
- 19/06/2019 21:35:00
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Un morire dentro, ma arrivarci con tante cicatrici dentro che hanno fatto tanto male, tale da pensare di voler spegnere questo grande dolore, disperazione che implode dentro. Così mi è arrivata. Un versificare accorato che immedesima il lettore coinvolgendolo. Lirica molto apprezzata per il contenuto e lottima forma presenta. Un carosaluto abbracco W. Sei bravissimo!
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Lino Bertolas
- 17/06/2019 21:08:00
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Non il turbinio prorompente di altre tue poesie; qui tutto si muove in un rallenty dove immagini e cose si svelano nitide e oniriche, ma senza fretta e proprio per questo ancora più indelebili. Mi è piaciuta molto!
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