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Oreste De Rosa

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SCRIVERE PER SUPERARE L’EMARGINAZIONE

[ Intervista a cura di Roberto Maggiani ]

 

Ecco una bella esperienza di vita vissuta in cui lo scrivere è diventato un importante strumento di integrazione e di superamento dell’isolamento.

Chiunque si sia cimentato con la narrazione scritta, conosce la grande potenzialità espressiva dell’ideare e del mettere per iscritto, qualunque sia il genere specifico praticato. Meno noto, però, è che in alcuni casi particolari, la scrittura possa diventare strumento di superamento dell’isolamento. Ne parliamo con Oreste, che ha vissuto questa esperienza nella sua famiglia.

 

Chi è Oreste?

Ho 52 anni, e lavoro come dirigente commerciale in una grande azienda informatica. Sono sposato ed ho tre figli. Il terzo di questi, che si chiama Federico, è un autistico ad alto funzionamento, oggi ha 18 anni.

 

Forse, prima di andare avanti, potrebbe essere utile parlare brevemente dell’autismo, perché immagino che qualcuno possa averne un’idea un po’ vaga.

Hai ragione. L’autismo non è una malattia né un handicap in senso stretto, anche se spesso può diventarlo per come la società è organizzata. Possiamo dire che per motivi che la scienza non ha ancora appurato, esistono alcuni esseri umani che nascono con un cervello che funziona in modo diverso dal nostro. Generalmente, questa differenza si sostanzia nel percepire (a livello sensoriale) e rappresentare la realtà in modo a volte diverso, un autistico dispone di un profilo di capacità mentali diverso dal nostro.

Gli autistici sono quasi sempre molto differenti tra di loro e non è facile generalizzare. Sono persone fortemente in difficoltà nel comunicare con noi non autistici ma a volte sono dotati di capacità eccezionali in alcuni campi, come ad esempio la matematica o la musica.

In alcuni casi l’autismo può essere molto lieve, quasi impercettibile, mentre in altri può arrivare a ridurre quasi a zero le capacità dell’autistico di interagire con le altre persone.

Dicevo che l’autistico è una persona il cui cervello funziona in modo diverso. Nel momento in cui si inserisce in un mondo di persone che, nella stragrande maggioranza sono non autistiche, la sua condizione può determinare una serie di handicap, soprattutto in ambito comunicativo e sociale.

 

Tuo figlio Federico, che tipo di autistico è?

Fino ad un anno di età, Federico era un bambino come tutti gli altri. Nei mesi successivi abbiamo notato che le sue capacità comunicative e di interesse per il mondo esterno, anziché crescere naturalmente con l’età, andavano regredendo.

Abbiamo quindi avviato un processo di analisi e monitoraggio medico che passando per la pediatra, poi per i servizi dell’ASL ed infine per un reparto di neuropsichiatria infantile, ci ha condotto alla diagnosi di una forma di autismo non verbale, poi evoluta con l’età in autismo ad alto funzionamento.

 

Ad alto funzionamento, in che senso?

Nel senso che esistono casi in cui l’autismo si può accompagnare ad un ritardo mentale, più o meno marcato, mentre Federico dispone di un elevato livello di intelligenza. Oggi, in quarto Liceo Scientifico, ha nove in Latino ed otto in Chimica ed in diverse materie raggiunge prestazioni notevoli, anche se è in grande difficoltà in ogni forma di interazione verbale con i suoi compagni di classe.

 

Capisco. Veniamo allora al tema che più ci interessa. Parola verbale e parola scritta.

Uno dei più grossi problemi nella gestione di Federico nei suoi primi anni di vita è stato il fatto che lui non era in grado di parlare. Solo in momenti di forte coinvolgimento emotivo poteva tirare fuori una singola parola o una singola frase, ma nella normalità era capace di passare anche una settimana senza riuscire a pronunciare una sola parola.

Questo per noi familiari, mia moglie ed io ma anche per suo fratello e sua sorella, è stato innanzitutto un grande dolore. Vedere un proprio familiare crescere negli anni della scuola materna e poi della scuola elementare, senza poter mai sapere cosa sente, cosa vive, cosa pensa, è una condizione triste e dolorosa.

Questa incapacità comunicativa quasi totale chiedeva a noi, suoi familiari, di credere quasi fideisticamente nell’esistenza della sua personalità interiore, in quanto questa non si manifestava nella comunicazione interpersonale, perché Federico non parlava e comunicava molto poco anche in termini non verbali.

Ci sono poi stati diversi problemi pratici. Non poteva dire di stare male ed era difficile acquisire da lui qualsiasi tipo di informazione operativa.

 

Deve essere stata dura…

Beh, tutta la famiglia ha dovuto ridefinire la propria visione della vita, dello stare insieme, i propri valori. E’ stata una strada dura, dolorosa, faticosa, ma che ha anche consentito di superare tanti falsi problemi che spesso nelle famiglie esistono e di far crescere l’amore, richiamando tutti all’essenziale. Federico è stato la nostra scuola di vita.

 

E quando entra in gioco la parola scritta?

In seconda elementare, nella nostra costante ricerca di tutto ciò che potesse aiutare una persona autistica, siamo entrati in contatto con un metodo riabilitativo che, nel corso degli anni, è stato identificato con nomi diversi: “Comunicazione Facilitata”, poi evolutasi in “Comunicazione Aumentativa Alternativa”, “Metodo WOCE”.

 

Di che cosa si tratta?

Qualcuno aveva scoperto che in molte persone autistiche esisteva una difficoltà nel passare dalla decisione di fare una cosa al farla veramente, un passaggio mentale che per noi non autistici è addirittura difficile da concettualizzare.

In concreto, alcune persone autistiche, messe da sole di fronte alla tastiera di un personal computer, rimangono inerti, incapaci di fare qualsiasi cosa. Se però una persona, adeguatamente addestrata a tale metodo, prendeva nel palmo della propria mano il polso destro dell’autistico ed accompagnava la mano verso la tastiera, quasi a voler dare un abbrivio, questi cominciava a scrivere parole di senso compiuto.

Si scoprì poi che, con l’esercizio e con il tempo, tale metodo aveva una efficacia progressiva, nel senso che l’autistico imparava a scrivere sempre di più e che il suo “facilitatore” poteva far regredire il contatto dal polso dell’autistico all’avambraccio, poi al gomito, alla spalla, alla clavicola e così via.

Al termine, alcuni autistici arrivavano a scrivere completamente da soli.

 

E’ una cosa molto bella. E questo metodo come è entrato nella vostra vita?

Abbiamo subito portato Federico in un centro specializzato per un test, dove ci hanno detto che nonostante il suo autismo fosse molto forte e la sua chiusura alla comunicazione interpersonale molto marcata, appariva loro in grado di apprendere tale metodo.

Io e mia moglie abbiamo quindi iniziato ad usare questo metodo e nel tempo si sono uniti a noi anche gli altri due figli. La capacità di facilitare Federico è stata poi estesa anche alla sua insegnante di sostegno, in modo che potesse aiutare Federico a scrivere in ambito scolastico. Lui dispone inoltre di una assistente specializzata in tale metodo, che affianca l’insegnante di sostegno.

 

A questo punto sono curioso di sapere cos’è accaduto.

Le scoperte sono state tante ed anche sensazionali. Innanzitutto Federico, cui a stento usciva una parola ogni tanto, aveva già a sette anni una perfetta padronanza della lingua italiana. Nella sua intelligenza, per certi versi superiore, comprendeva perfettamente il linguaggio, se scritto, ed era capace di esprimersi scrivendo, con una ricchezza di costruzione e di vocaboli decisamente superiore a qualsiasi ragazzo della sua età.

 

Immagino che sia stata una svolta nella sua vita.

Il primo grande cambiamento è stato il poter dialogare con i propri familiari, l’esprimere il dolore e la rabbia per la propria condizione, di cui era perfettamente consapevole, ma anche di ricevere aiuto e comprensione, attraverso un dialogo umano, affettivo, che è andato via via crescendo ed ampliandosi.

Si è poi creata la possibilità di una dialogo pratico, dal “cosa vuoi mangiare” al “come ti senti” o al “dove ti fa male”. Di fronte a qualsiasi problematica pratica di vita, noi andiamo con Federico davanti al PC e possiamo interagire perfettamente.

Abbiamo poi avuto una grande applicazione scolastica di questa forma di comunicazione scritta, perché Federico è diventato capace di partecipare ai compiti in classe e di rispondere per iscritto alle domande di una interrogazione. Così ha potuto esprimere e mettere a frutto la sua grande intelligenza. Lo scorso giugno ha concluso il terzo anno di Liceo Scientifico, dove studia con un PEI (Piano Educativo Individualizzato) riconducibile ai programmi curricolari, con la media del 7,5.

Avvicinandosi la maggiore età, è emersa una nuova grande area di applicazione di questa tecnica, legata alla possibilità per Federico di scegliere tra più opzioni possibili e di decidere quindi della propria vita. Oggi, spesso, il sabato, io e mia moglie, passiamo la serata con lui e facciamo scegliere a lui cosa fare. Abbiamo quindi appreso che le cose che preferisce sono il cinema, l’ascoltare musica dal vivo (soprattutto jazz) e l’andare al ristorante. Non in un ristorante qualunque, però, perché lui ha una sua precisa scala di preferenze, anche in questo, che esprime perfettamente.

 

Ha imparato a scrivere da solo?

Ancora no. Dal palmo della mano sotto il suo polso destro, siamo passati al toccare un avambraccio, poi il gomito destro ed ora la spalla destra. Stiamo lavorando al passaggio del contatto dalla spalla destra alla sinistra e così ci allontaniamo progressivamente dalla sua mano che scrive.

Il punto d’arrivo è farlo scrivere da solo, ma ci vorrà ancora tempo e lavoro.

 

E nei contenuti del suo scrivere, cosa emerge?

Emerge la sua differenza da noi che autistici non siamo. Lui stesso se ne rende conto e la sa spiegare molto bene. Ai suoi compagni di scuola, ed agli altri suoi amici, ha spiegato per iscritto in cosa lui autistico è diverso da loro e come loro possono fare ad entrare bene in relazione con lui. Aiuta quindi i suoi interlocutori ad interagire efficacemente con lui.

Nei contenuti del suo scrivere, evidenzia alcune cose che ha in meno rispetto a noi, ad esempio il non riuscire a capire quando, in una certa situazione, ci sia da sbrigarsi. Nel contempo però esprime una sorprendente capacità di fotografare in pochissimo tempo l’umanità di qualsiasi persona in cui si imbatte e di capirla profondamente nei suoi pregi e nelle sua aree di miglioramento. E’ quindi molto profondo, sensibile ed anche molto equilibrato nella sua valutazioni.

 

Questo suo comunicare per iscritto, lo ha portato ad inserirsi almeno in parte nel tessuto sociale?

Federico ha un ottimo rapporto con i suoi compagni di classe, che gli consente di vivere molto bene il contesto scolastico. Alcuni di questi compagni, poi, sono di tanto in tanto a casa nostra per vedere insieme un film, fare un gioco da tavolo o una cena.

 

Un gioco da tavolo? E Federico gioca senza parlare?

Federico gioca molto bene a Risiko. Scrive le mosse che vuole fare ed è molto equilibrato tra attacco e difesa. Tra i suoi compagni di classe è uno dei migliori in questo gioco. Soprattutto viene molto avvantaggiato dalla sua tendenza ad essere sempre equilibrato ed attento nella valutazione, il che gli evita mosse di gioco avventate.

 

Incredibile. Stavamo dicendo del contesto sociale.

Oltre ai compagni di scuola, Federico frequenta la parrocchia, per sua propria scelta, e fa parte di un gruppo di ragazzi che si riunisce una volta la settimana e fa a volte uscite nei week-end o di una settimana nel periodo estivo.

 

E come gestisce una situazione in cui, durante un incontro, immagino, la gente sta seduta in cerchio e parla?

Lui innanzitutto è molto contento e motivato a partecipare. Deve essere accompagnato da una persona che sappia assisterlo nella scrittura, ed allora partecipa alla discussione scrivendo. E’ anche molto apprezzato dagli altri ragazzi, perché quando si discute di un tema, la sua profondità e sensibilità lo portano ad esprimere opinioni valide  e profonde che sono di grande contributo al dialogo nel gruppo. A volte diversi ragazzi si dicono d’accordo con ciò che lui scrive e nel tempo si è quindi anche guadagnato una certa leadership sui temi esistenziali.

 

Bello. Lo scrivere, quindi, ha rimesso in gioco una vita che appariva bloccata. Non è così?

Direi proprio di sì. E non sappiamo dove tutto questo potrà portarci. Certo la fatica ed anche il dolore non mancano, perché la società spesso non è tenera con chi è diverso. Però è anche una esperienza capace di cambiare la vita di chi gli sta vicino e di donare grandi significati anche a piccoli atti quotidiani.

 

Federico sa di questa intervista che lo riguarda?

Di questa in particolare no, ma sa che noi genitori siamo impegnati, quando possibile, nel fare qualcosa per diffondere una corretta conoscenza dell’autismo. Lui stesso è impegnato in questo senso. Tramite un’associazione che riunisce famiglie di ragazzi e ragazze autistici, Federico riceve delle email da parte di mamme che hanno bambini piccoli e che gli chiedono aiuto per interpretare l’origine dei loro comportamenti. Lui risponde a tutte, cercando di aiutarle per quanto possibile.

 

Ha mai scritto una poesia?

Solo su richiesta degli insegnanti a scuola. Non credo sia un genere di espressione capace di attrarlo.

 

Ci puoi proporre un breve testo scritto da lui, che lui è contento di donarci? Porta per favore a Federico i nostri saluti, da tutti i lettori e gli autori de LaRecehrche.it. A voi i nostri migliori auguri. Grazie.

 

Ecco una piccola parte del testo che Federico ha scritto via email ad un suo amico:

“Vedi io sono molto solo perché non riuscire a comunicare a voce è un grosso limite. Non riesco proprio a capire come fate voi non autistici a trovare nella vostra testa al volo tutte quelle parole così giuste e a dirle così velocemente ed anche con espressioni del volto che completano ciò che volete comunicare. Per voi è normale ma a me sembra un miracolo. io a fatica riesco a scrivere una lettera per volta e solo se papà mi è vicino.

Anch'io però so fare delle cose per voi difficili, come parlare e ascoltare allo stesso tempo o ascoltare e comprendere due persone che parlano contemporaneamente di cose diverse. In sintesi, la mia mente lavora in un modo diverso da quella degli altri e ciò mi mette in difficoltà.

Spero che diventeremo amici nonostante le differenze tra di noi. Qualsiasi cosa tu pensi io possa fare per te chiedi, così la mia amicizia potrà essere concreta e quindi vera.

 

E sulla sua ricerca personale sui temi della trascendenza, condotta insieme ai suoi amici della parrocchia:

 

4/4/2011 – Si discute della speranza. Ogni ragazzo viene invitato a scrivere la sua definizione sia di speranza che di speranza cristiana. Federico scrive:

 

(La speranza)

 

La speranza è sentire che le cose si possono migliorare. L’amore genera la speranza in chi si sente amato. Quando ti senti veramente amato, questo ti apre nel cuore una prospettiva di speranza. Se nessuno ti ama allora sei disperato.

 

(La speranza cristiana)

 

La speranza del cristiano per me è credere e sentire profondamente che l’amore che mettiamo nelle situazioni concrete della vita può veramente cambiarle per il meglio perché amare è partecipare alla vita di Dio. L’amore è presenza di Dio che risana l’umanità.


 Luciana Riommi Baldaccini - 22/04/2012 16:12:00 [ leggi altri commenti di Luciana Riommi Baldaccini » ]

È la mia vita da trent’anni ascoltare il dolore degli altri, e naturalmente, per farlo, non devo mai sottrarmi all’ascolto del mio personale dolore, anche quello suscitato in me dal mio essere a volte testimone dell’esperienza di genitori alle prese con l’incomprensibile diversità di un figlio. La diversità ancora ci ferisce, ci rende a volte emotivamente analfabeti – per paura – e ancora tendiamo a ignorarla non appena scompare dalla vista. Ma chi ne condivide quotidianamente le difficoltà e le sfide, se riesce a trasformare la rabbia, il dolore, la paura e l’amore in una reale volontà di accogliere, ascoltare e cercare di capire, riesce ad attingere a risorse impensabili, che consentono di confrontarsi anche con i propri sensi di colpa, inevitabili quanto devastanti se rimangono fuori dalla consapevolezza. Nel caso dell’autismo, ma non solo, la vaghezza dell’eziologia, che per il momento si limita a chiamare in causa una generica confluenza di fattori genetici e fattori ambientali, è un ulteriore gravame, che molti purtroppo non sono in grado di portare. Anche per questo la testimonianza di Oreste è particolarmente importante: non solo per l’impegno e lo sforzo diretti alla ricerca di possibili "cure" per Federico – e questo è già un "prendersi cura" che ha una valenza psicologico-affettiva fondamentale – ma anche per l’accettazione profonda di un modo "diverso" di pensare e comunicare che, tra l’altro, in questo caso fa uso di uno strumento che è tra i più alti dell’essere umano: la scrittura. La vera "terapia" è proprio questa accettazione e sarebbe più facile per tutti sentirla nei confronti di ogni "diversità" se imparassimo a sentirci un po’ meno "normali" e quindi riuscissimo a non imporre come criteri "normativi" i nostri modelli abituali.
Se qualcosa ci risulta incomprensibile dovremmo imparare a chiederci se non siamo noi in difetto di categorie adeguate per comprendere.

 Saverio Bafaro - 22/04/2012 11:47:00 [ leggi altri commenti di Saverio Bafaro » ]

Commuovente! Grazie!

 Narda Fattori - 22/04/2012 11:30:00 [ leggi altri commenti di Narda Fattori » ]

L’autismo, tra l’altro fenomeno in aumento, è una malattia, una diversa modalità di interazione con il mondo, molto variegata nelle forme in cui si presenta. Accanto a persone normo o ultra dotate, vi è una fascia di disabili fortemente lesi nella nelle capacità intellettive, E’ una forma dolorosa di diversità, perchè molti di loro hanno scatti furibondi di ira e comunque riescono ad interagire con poche persone, legandosi fortemente ad esse.Parlo con cognizione di causa e come insegnante e come amica di persone che hanno un figlio autistico. Ritengo che questa intervista sia preziosa per la diffusa ignoranza intorno alle problematiche degli autistici, ma nello stesso tempo rilevo un ragazzo fortunato non solo per gli affetti e la cura che si è presi di lui ma anche per la conservazione di esprimersi e di comprendere se stesso e il mondo.Purtroppo non sempre è così.

 Cristiana Fischer - 22/04/2012 10:24:00 [ leggi altri commenti di Cristiana Fischer » ]

Le frasi di Federico sull’amore "Qualsiasi cosa tu pensi io possa fare per te chiedi, così la mia amicizia potrà essere concreta e quindi vera", sulla speranza e sulla speranza cristiana mi hanno profondamente toccata. E’ qualcosa che tutti noi "sappiamo", ma diamo per acquisita, ovvia, e quindi, per quanto riguarda me almeno, non vissuta realmente ogni istante. L’intelligenza di Federico dei suoi genitori e di chi è loro vicino mette in vita quelle belle parole e idee. Grazie di averci fatto conoscere Federico e chi lo circonda.

 Antonia Chimenti - 22/04/2012 03:04:00 [ leggi altri commenti di Antonia Chimenti » ]

Ho letto con attenzione ed ammirazione l’intervista ed il testo scritto da Federico.
L’amore compie prodigi!
Antonia Chimenti

 Valentina Rosafio - 21/04/2012 13:47:00 [ leggi altri commenti di Valentina Rosafio » ]

Mi ci ritrovo tanto nella vita di Oreste per altri versi simili e diversi. Grazie alla redazione per aver proposto questa intervista!

 Alfonso Lentini - 21/04/2012 11:01:00 [ leggi altri commenti di Alfonso Lentini » ]

Testimonianza davero toccante! Uno stimolo per tutti noi. Grazie di averla pubblicata!

 Maria Musik - 21/04/2012 07:18:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Sono commossa e grata a questo padre che ha spezzato con noi il pane della sua esperienza. Ed è incredibile che questo accada in questo periodo: l’ufficio in cui lavora ospita per uno stage una ragazza affetta da autismo coniugato ad un ritardo apprenditivo. Diversamente da Federico riesce a comunicare verbalmente, benchè lo faccia in particolare su pochi temi di suo interesse ma, al contrario di Federico, ha molte altre difficoltà. In comune possiede, invece, la capacità di "capire" profondamente le persone ed inquadrarne la personalità ed i tratti distintivi con poche ma precisissime parole.
Inoltre, per altri versi e motivi, ho anche io dovuto affrontare le immani difficoltà che comporta il supportare una figlia che esprime, malgrado una alta capacità intellettiva, problemi di integrazione e di fronteggiamento dell’ambito sociale, legati ad una condizione patologica. Per questo sono grata al papà di Federico: la sua testimonianza, così misurata e priva di autocompatimento, mi dona forza e mi aiuta a ridimensionare la rabbia e continuare ad "espandere" l’amore. Confermo le sue parole: con la determinazione, la ricerca di "strade" alternative per il recupero dell’autonomia, tanto amore e capacità di mettere da parte le proprie esigenze si possono aiutare figli "diversi" a partecipare del meraviglioso dono della vita e della comunicazione.
Ogni successo, ogni momento di "felicita" che mia figlia riesce a strappare ad una condizione che la fa soffrire, specie per il senso di solitudine, sono l’unico "cibo" di cui ho, veramente, bisogno.
Questa intervista è importantissima perchè concorre all’integrazione di tutte le diversità: i portatori di diversità sono un dono e non un errore. Prima lo capiremo tutti, prima restituiremo parità di diritti (che si traducano in possibilità concrete) a loro ed alle loro famiglie... e, a noi stessi, il "primato" d’essere persona.

 Ferdinando Battaglia - 21/04/2012 06:53:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

A Federico

A mani vuote
di fronte alla tua vita,
di fronte alla mia.

Resta solo il soffio,
l’alito d’Amore.

Grazie alla Redazione per averci proposto un sguardo oltre...

 Domenico Morana - 21/04/2012 00:16:00 [ leggi altri commenti di Domenico Morana » ]

"Anch’io però so fare delle cose per voi difficili, come parlare e ascoltare allo stesso tempo o ascoltare e comprendere due persone che parlano contemporaneamente di cose diverse."
In questo tono consapevole, in questa voce ferma, trovo l’equilibrio di un’infinita saggezza d’amore. Federico sarà un grande mediatore di conflitti.
Grazie infinite per averci dato l’opportunità di leggere queste sue parole.

 Franca Alaimo - 20/04/2012 22:34:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Leggere questa intervista ci fa vergognare della nostra superficialità comunicativa, Noi, i cosiddetti normali, parliamo spesso senza comunicare nulla di vero; leggo i pensieri di questo ragazzo autistico e scopro una profondità incredibile.
Mi commuove anche l’amore di quanti continuano a sostenerlo, ad aiutarlo in ogni modo senza arrendersi.
E penso anche a quanto deve essere duro e bellissimo per i genitori sapere di avere ricevuto una benedizione speciale del cielo, nell’essere stati chiamati ad amare in questo modo.
Vorrei inoltre mandare un bacio a questo ragazzo studioso e così sensibile e dirgli una cosa che già sa: si comunica più con il cuore che con la lingua. Ciao!

 Loredana Savelli - 20/04/2012 22:09:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Grazie per questa grandissima testimonianza.
Un universo che sempre stupisce è la mente umana, ciascuna a suo modo "diversa". Il contatto e la comunicazione profonda espressi dagli scritti di Federico toccano. Ecco, forse la poesia, più di ogni altra comunicazione scritta, si avvicina alla mente dell’autistico, "è" autistica nella misura in cui esprime l’intimo inconoscibie della persona.
Ciò che arriva dagli scritti di Federico non sono solo parole ma una "tensione verso", uno slancio poetico che ha la forza della speranza.
Grazie.

 Lorenzo Mullon - 20/04/2012 22:04:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Una testimonianza commovente. Mia moglie lavora con gli autistici.
Purtroppo le amministrazioni pubbliche negano il carattere di epidemia dell’autismo, e non vengono diffusi i dati della sua espansione impressionante. Nell’ultimo decennio, dove l’incidenza era di 1 su 10.000, abbiamo ora, a seconda dei luoghi, 1 su 500, 1 su 150.
La ricerca si sta orientando sempre di più verso cause di tipo ambientale. Forse per questo motivo i media tendono a sottacere il problema, come avviene per esempio con i tumori al cervello e altre patologie causate dall’uso dei telefonini.

 Antonio De Marchi-Gherini - 20/04/2012 21:58:00 [ leggi altri commenti di Antonio De Marchi-Gherini » ]

Intervista splendida nel tema e nei contenuti. Mi sono commosso difronte al coraggio e al necessario spirito di sacrificio e di servizio che i genitori, i fratelli e gli insegnanti hanno messo in campo. Certo la vita e misteriosa e l’uomo è un mistero ancora tutto da scoprire. Ma i brevi testi di Federico denotano una capacità di sintesi e un’intelligenza che merita tutto il nostro rispetto, la nostra attenzione e che raggiugerà senz’altro traguardi importanti.
Come padre, insegnante e scrittore sono vicinissimo a Federico e ai suoi cari e faccio loro i miei più affettuosi auguri di buon cammino.

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