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al testo di Franca Figliolini
Il viaggio di Xwert
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Sulla piccola Terra che mi trovo a calcare c'è una poderosa collezione di meraviglie e orrori che qualsiasi visitatore extragalattico - come io a volte vagheggio di essere per segnare la distanza dal fragore della morte inflitta - ne sarebbe frastornato. Una sindrome di Stendhal globale e vorticosa tra bellezze dell'arte e della Natura e un precipitare nell'abisso del dolore da noi stessi provocato a uomini, animali, vegetali e persino al sostegno stesso dei nostri piedi, che il nostro Xwert direbbe, «oh cara, non so se consigliarti il viaggio, ci vuole uno stomaco - o quel che hanno gli alieni - forte, sai. E poi, per quando arriverai, chissà se ci saranno ancora.» Intanto io, aliena o no, cerco di godermi il bel sole settembrino, il gioco della luce sugli alberi e penso che tuttavia, tuttavia, c'è qualcosa che mi lega a questa palla di sterco dal cuore di fuoco: in mezzo al dolore delle genti, gli sguardi appassionati, l'amore, le risate, la gioia persino, come un dono, come una promessa.
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