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al testo di Franca Figliolini
Roma mia
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Alla fine del mio sguardo inizia la città, sempre lei, con gli angoli duri dei palazzi addolciti a volte da qualche pianta in fiore messa lì dalla mano pietosa di una donna come sulla tomba della bellezza. Eppure da sopra gli spigoli all'alba sale un'epopea di rosa. Poi nell'azzurro s'intravede un lontano affacciarsi di montagne dolci che, dopo un qualche tramonto di lancinanti rossi, la notte brulicano di luci come cespugli abitati dalle lucciole. Va detto inoltre che il mio balcone domina le cime di platani abissali. Gli alberi nascondono la strada e fremono ad ogni refolo, pronti a cedere all'oro dell'autunno. Di questo, si deve tener conto così come del suono delle voci che m'è familiare sin da bambina. Qui non siamo nella città gloriosa, ma anche questo ha un senso, un suo perché da qualche parte, nascosto persino a se stesso, vilipeso. Di tutto bisogno tener conto, quando si parla d'amore.
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