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al testo di Corrado Sabbia
io coi matti che dovrei stare
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io è coi matti che dovrei stare. e le mie mattine le passerei s'una panchinetta, a fumarmi anche le dita, e non mi piangerebbe più il cuore, per quel che non faccio. o forse piangerei lunghe lacrime, a bagnarmi la camicia, a cercarmi qualcosa di tasca, a cercare improvvisamente uno specchio. io quando lo specchio lo sfondai coi pugni, allora sì che rimandava l'immagine di me che mi piaceva vedere. allora sì che il sapore tra il labbro e la gengiva diventava denso, puro. io è coi matti che dovrei andare, in gita tutti insieme. e ognuno in un lungo tossire, in silenzio, e per niente. in gita al parco, a vedere gli animali. ma gli animali siamo noi della gita dei matti, guardati in modo curioso, derisi. io quando mi ridono gli altri, faccio sempre finta di niente. ma poi sto male che mi ci vuole tanto per non pensarci più. ma poi ci ripenso sempre. e i silenzi che sento da quest'ospedale, sono lunghi corridoi che non posso attraversare, a me non è concesso d'arrivare alle finestre. e i corridoi di notte, hanno silenzi che ronzano d'aria forzata, di passi sul linoleum fatti da chi conosce il suo giro, fatti da chi conosce la penombra di notte di questi luoghi, e non la teme. io mi spoglio ora della mia corona di spine, che tanto mi rimangono i chiodi, le frustate, le legnate, d'un'anima che si flagella da sola, perchè non sa trovare mitezza. perchè vorrebbe non essere. quanto costano queste parole cadute in un vuoto?
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