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al testo di Salvatore Pizzo
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Sono qua seduto da ore ed ore, qua: sulla penna puntando inchiostro denso ritagli agnostici pensando, non atei. Senso cerco al lercio che sfugge e stona calando sudario su decomposta carne. Banale si dirà: ma cosa più assilla di un tacere che sà di eterno? Ciò sempre mi rilascia nella mente viva del rosso di una tuta, una scena. Non un sogno: appena un dì per corsie ruzzolava portantina con su un vecchio; ceruleo l'incarnito, eppur teschio vivo scolpito e tondo, a capo d'ossa aguzze gli zigomi e fosse gli occhi vitrei; appena sotto i crateri delle guance altro abisso è bocca: spalanca sul nulla. Eppur vivo, è d'un verso sdentato e buio d'universo, ch'è meraviglia non ghiacci. Seppure ancora vivo, sebbene stento, coprendo senile oscenità col conforto d'una risposta, non farebbe opera buona Essa donandogli del degrado e del sipario calante la ratio? Copricapi avulsi ci si montano idee strane in testa e che ci si avvitano in quota al punto da non starci più in vita, anche se sorride Ella ... sì, la Morte sorride, anche fosse a bocca asciutta bella e giovane, sempre Lei sorride. _ Attirandone a sè il lettuccio, per l'ospedale lo mena spoglie esibendone ancor vive, non appassite del tutto. Giovane e bionda Lei: radioso il sorriso volontario narciso, sembra dirlo senza farsi beffe quanto sia bella e giovane Lei al confronto con lui: vecchio, allo stremo ormai solo ricordo per l'eremo d'un loculo. |
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