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Il doppio e lisola del giorno prima

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"L'isola del giorno prima" è  senza dubbio il libro di Umberto Eco che preferisco. Certo, insieme a "Il nome della rosa" e a "Il pendolo di Faucoult", che in fondo erano altre variazioni dello stesso tema.

C'era in tutti un mistero da risolvere, un eroe che da solo affronta dei complotti per scoprire la verità, una combriccola di persone malvagie al soldo delle forze del male, ma nell'isola c'era in più il tema del tempo, il tempo che può essere cambiato a piacimento solo spostandosi nello spazio di pochi metri, e l'incredibile fenomeno dell' "azione a distanza", oggigiorno scientificamente definito entaglement quantistico.

E non è tutto. C'era anche il tema del doppio.

 

Quel famigerato gemello scomparso, nascosto, separato alla nascita, ripudiato, allontanato, sempre pronto a farsi vivo nei momenti meno opportuni per fare le cose meno opportune.

Succedeva spesso nei secoli passati che in caso di nascita gemellare, uno dei due venisse fatto "sparire" per evitare problemi dinastici ed ereditari. Dove fatto sparire poteva significare ucciso ma anche talvolta abbandonato nel bosco, buttato nel fiume (vedi la leggenda di Mosè), ma pure dato in adozione e fatto crescere sotto mentite spoglie in un luogo lontano da gente del volgo. Ci sono molti miti, leggende, fiabe e racconti riguardo questi bambini a cui veniva negato il legittimo destino di nascita e impedito di conoscere le proprie origini.

Talvolta succedeva il patatrac, ovvero che si venisse in qualche modo a sapere chi era veramente quel bambino o quell'adulto povero e cencioso, con tutte le rocambolesche conseguenze che ne possono derivare. La letteratura e la cinematografia hanno ricamato parecchio su queste vicende , ma c'è stato persino un vero caso  di cronaca accaduto nel primo '800 a Norimberga quando venne ritrovato in città un ragazzo in cattive condizioni di salute fisica e mentale che sosteneva di essere stato tenuto rinchiuso in una cella buia sin dalla nascita, poi  liberato chissà perché e chissà da chi , e si sospettava fosse stato appunto una vittima di intrighi dinastici. Disse di chiamarsi Kaspar Hauser , ma la verità sulla sua vita non è mai stata accertata anche perché a un certo punto fu ucciso per accoltellamento ( qualcuno sospettò un suicidio).

 

Nel libro di Eco il nostro Roberto deve vedersela a volte con la figura immaginaria o reale di Ferrante, il suo gemello ripudiato e allontanato, che di tanto in tanto torna a vendicarsi sul fratello facendo passare al povero Roberto un'infinità di tribolazioni, ostacolandolo nei suoi progetti e tramando contro di lui. Non si capisce fino a che punto Ferrante fosse una persona reale o una proiezione della mente di Roberto, che attribuiva all'azione premeditata dell'altro la sua sfortuna, i suoi errori, le sue incapacità, gli ostacoli che si frapponevano ai suoi progetti.

 

Questo è quanto riguarda la storia , la letteratura, la leggenda, il cinema. Ma cosa c'è di vero nel mito del gemello allontanato, tenuto nascosto o ucciso?

 

Da un punto di vista biologico, nella riproduzione umana il 98% delle gravidanze è gemellare, cioè tranne poche eccezioni da un parto dovrebbe nascere una coppia di gemelli ma noi sappiamo dall'esperienza che invece si verifica esattamente il contrario. Si pensava che a un certo punto molto precoce della gravidanza uno dei due soccombesse per cause naturali e venisse riassorbito dal corpo della madre.

Le moderne tecniche mediche hanno però rivelato un'inquietante verità su come vanno le cose.

Tramite delle microtelecamere si è potuto seguire in video le primissime fasi della gravidanza ,e succede proprio che la primitiva cellula fecondata si divide in due, e questi primitivi abbozzi di embrione se ne stanno per un po’ ognuno per conto suo , vagando nell'utero e muovendosi liberamente. Solo che puntualmente, dopo alcuni giorni, si avvicinano e cominciano una specie di danza che si trasforma presto in una lotta, uno scontro mortale. Mortale perché finisce sempre (o quasi sempre ) che uno dei due ingloba l'altro, lo mangia , in una sorta di fagocitosi da difesa immunitaria come se l'altro fosse un invasore estraneo. Poi, in tutta tranquillità, si trova un bel posticino morbido nell'endometrio e ci si aggancia, dando ufficialmente inizio alla gravidanza.

Tutto questo processo implica delle conseguenze su cui sarebbe opportuno riflettere.

 

La prima conseguenza è che ognuno di noi è, ineludibilmente, un assassino. Se io in questo momento sono qui a scrivere alla tastiera è perché sono uscita vincitrice dalla lotta con la mia gemella, io e non l'altra che è stata sconfitta e dissolta.

La seconda conseguenza consiste nel fatto che il nostro gemello ce lo siamo mangiato, l'abbiamo inglobato, assimilato, e quindi che ci piaccia o no, continua a vivere con noi e farà parte di noi per sempre.

La terza conseguenza è che il gemello mica se ne sta zitto e buono, in qualche modo si fa sentire ogni tanto e riappare nella nostra vita, magari nei sogni quando ci sembra di guardarci dal di fuori, oppure nella nostra testa, nei nostri pensieri, nelle nostre azioni stupide e scellerate, quando ci rendiamo conto troppo tardi di autosabotarci in modo del tutto idiota.

 

E' ciò che Jung definisce la nostra ombra, il nostro lato oscuro, che noi finiamo col proiettare all'esterno attribuendo i nostri sbagli ad un mondo che ci è ostile.

Certo, il nostro gemello deve essere ancora piuttosto arrabbiato per quello che gli abbiamo fatto, dopotutto gli abbiamo negato la possibilità di nascere e un legittimo  desiderio di vendetta dobbiamo riconoscerglielo.

Purtroppo temo che non ci sia rimedio a ciò che abbiamo fatto, e in ogni caso queste sono le leggi del venire al mondo…"ne resterà soltanto uno".

Tutto ciò che possiamo ragionevolmente fare è onorare la morte del nostro doppio che ci ha consentito di vivere, come quando in certe tribù primitive, dopo aver ucciso un animale per cibarsene, si celebra un rituale di ringraziamento per quella creatura che ha dato la sua vita.

E forse il modo più opportuno di farlo è di adoperarci a realizzare la migliore versione di noi stessi, per far splendere, attraverso di noi, anche la bellezza del nostro doppio, che non può essere qui in prima persona, ma ci guarda sempre, con un sorriso beffardo, dall'altra parte dello specchio.

 

 

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