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al testo di Francesco Repetto
Trentadue anni
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Come dice Sanguineti il mio stile è non avere stile, quindi corrompo me stesso e mi infradicio di versi scomposti su un’ aiuola che non esiste, e ripongo una virgola, e un’ altra parola ripongo sull’ anima del mondo, e l’ agnello che corre nei prati intorno a casa su un selciato di aghi di pino.. Pino, mio padre, senza sigaretta, si sdraia sui miei scritti e li rinnega, rinnegando me stesso senza stile, Suo figlio, Che compone chissà cosa, che scrive sciocchezze su un ammasso di carta, e non lavora.
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Maria Musik
- 31/10/2010 08:33:00
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"Se avessi previsto tutto questo..." (Guccini docet) Mi sembra di trovarmi a leggere (o cantare) unaltra "Avvelenata". E già... con la poesia non si arriva alla pensione e neanche a sbarcare il lunario. Per questo la maggior parte dei poeti che conosco fanno un secondo lavoro! Eppure, scrivere, è lavorare: danima, di cervello, di coscienza e di conoscenza. Ma non paga... non in valuta corrente.
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Franco Fabiano
- 28/10/2010 08:14:00
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Credo, caro Francesco, che chiunque di noi potrebbe immedesimarsi in queste righe, dove il sogno del poeta è vivo, le sue visioni, le aspettative di trovare ascolto sono talvolta disattese. Rimane, però, il desiderio (o, meglio, il bisogno) di scrivere e raccontare, esprimere se stessi mediante la scrittura, una necessità che tutti ci accomuna in questa nostra quotidiana "recherche". Franco Fabiano
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Loredana Savelli
- 27/10/2010 22:24:00
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Be, è un testo di denuncia, a suo modo. Hai usato alcune espressioni molto efficaci, ad esempio quel "corrompere" se stessi che suggerisce lidea del sottile autoinganno che il poeta si procura con le sue stesse poesie. Poi cè laccenno alla razionalità impersonata dalla figura paterna. Una poesia che riflettere.
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