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Lo specchio

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Via Guglielmo Marconi, a Terzigno, qualche anno addietro, era la via dei caprai. Con quell’indirizzo, le poste recapitavano le lettere alle poche case contadine coi tetti a cupola. Limitavano la strada sterrata. Era stata disegnata dall’acqua piovana, che irrompeva come un torrente lungo le pendici del Vesuvio. Oggi è una strada asfaltata, dove sfilano numerose vetture, anche se con qualche slalom, per evitare le buche dimenticate dalla pubblica amministrazione. Durante le piogge, l’asfalto è un letto ideale per le acque torrentizie.
Ah, dimenticavo, le fognature sono assenti, in tutta Terzigno.
A Pasqua di quest’anno, è venuta tanta pioggia con lampi e tuoni ed un freddo cane. Dalla mia finestra ho osservato il temporale: era un incanto quella sua prepotenza e mi veniva da pensare ad una frase di mia madre:
-Dio ha creato il mondo solo perché l’uomo vi si possa specchiare-
Sul balcone di fronte, il vecchio mastr’Antonio sedeva, come di solito, per studiare il mondo che scivolava lungo la strada. Era sempre lì, con la pipa di terracotta ad annuvolargli il viso, sotto il porticato.
Era un bel vecchio mastro Antonio, con un viso antico, fatto di rughe che disegnavano la faccia con un tegolato simile a quelli di coccio.
La mattina di Pasqua la sua pipa gli pendeva dalle labbra un po’ abulica: dal focolaio, il fumo filava per inerzia; il capo era girato contro corrente e spiava fisso, il flusso dell’acqua che veniva giù lungo la strada, senza misericordia.
-Antò che guardate?- gli chiedo incuriosito.
A sentirsi chiamare, si gira verso di me come colto di sorpresa, poi, dopo aver provocato due anelli di fumo, -Eh Salvatore, le vedi quelle buste d’immondizia che galleggiano sull’acqua? Per un momento mi hanno riportato in Russia, nella mia trincea lungo il Don; galleggiavano allo stesso modo, come sacchetti di spazzatura: a volte s’incagliavano nella sterpaglia lungo gli argini. Noi alpini c’eravamo procurate delle pertiche: per liberarli e permettere loro di proseguire il viaggio. Sembrava un fiume infernale con tutti quei cadaveri che trasportava. Invece, per fortuna, questa è solo mondezza.
Mi perseguita, la trovo dappertutto, in pacchetti variopinti oppure a lutto, persino sfusa, alla rinfusa, lungo il sentiero che porta al vigneto, ma anche a formare piccole colline lungo la strada principale. Questa notte ho sognato: stavo lungo i binari della ferrovia; ad un certo momento, ho visto i binari muoversi come due serpenti ed i fili della linea aerea sfrigolare, poi, un boato enorme, mille volte più forte di quello che sentii quando saltò in aria la fabbrica delle polveri. Ho girato d’istinto gli occhi verso la montagna: Dio che spettacolo! Una fontana: prima saliva altissima come un razzo, poi, uno scoppio: si apriva ad ombrello, e si allargava in zampilli di fuoco dai mille colori.
Simile ad una bocca di cannone, il cratere sputava boati su boati: il fenomeno veniva alimentato ad un ritmo vertiginoso.
Che belli, quei fuochi!
Ce n’erano di tanti colori; e che forme! Gomme d’auto, bottiglie di plastica, giornali, vasi da notte, barattoli di coca, lamiere ondulate, la più parte erano bidoni sigillati, ma anche un manichino vestito da governatore e due altri da cacciatori che avevano i fucili a canne mozze. Tutto questo toccava terra in forma liquida e si srotolava come la pece ma di mille colori, prima in quattro direzioni precise come quelle della bussola, poi ognuna di queste fiumane si divideva in mille altri rigagnoli e portava sul fronte dell’onda, moltissime bandierine, ognuna col suo destinatario. Che peccato! C’è stato un tuono fortissimo che mi ha risvegliato! Mi sarebbe piaciuto vedere come andava a finire-
Io l’ascoltavo incantato, partecipe di quel sogno. Quel vecchio era sempre capace di sorprendermi per la sua immaginazione. Ma, forse, aveva ragione mia madre: Dio ha creato il mondo solo perché potessimo specchiarci.
Terzigno il 25 marzo 2008

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