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al testo di Ferdinando Giordano
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Mi sono svegliato solo e controverso. Non pensavo di scrivere questo. Cercavo i calzini e gli slip a tono. Nel solito cassetto, allo stesso modo di un sentiero che segna niente ma disordina le idee. Tra l'ultima matilde e il terzo plenilunio del duemilasette, c’era il fuoco sopito. La terza luna che il mio cielo non aveva compreso allo stesso tempo. Spesso ci prendono folate d'ansia come la piega del giunco che finirà nella stuoia per riformarsi. E non si capisce bene perché le mani resistano nella storia che le ha inchiodate. C’era la busta, il cui primo messaggio per gli occhi è la rabbia ancora accartocciata. Questo non mi bastava. Una busta come pane raffermo preso da muffa industriata per rifarsi: ciò che nell’esistere è il desiderio incomprensibile più che la fame irrisolta. Poco altro colpisce la tenerezza come il passato manifesto delle cose che possono raccontarci un vuoto. Così smisi di ascoltare l’uomo e la voce seguente indossò i calzini.
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