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al testo di W.G. Sebald
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VI
Dall’altra parte del fiume, nei famosi orti botanici dell’ospedale della Marina, Steller sfugge infine al tramenio della città. Cammina cauto per i viottoli fra le aiuole, guarda stupito le serre di vetro, le piante esotiche, impara l’uno dopo l’altro nomi nuovi, e tali le aspettative da non saper quasi come ingegnarsi, quando dalla penombra della pianta di senape accanto alla voliera il patriarca di Novgorod, arcivescovo Teofono, gli viene incontro tenendo in mano un minuscolo pappagallo dorato, e conversando con lui in latino gli narra una leggenda della regione di Dolji, racconto di Dio che all’improvviso, e come piovuto dal cielo, sorge sulla foglia d’una polmonaria.
IX
Per due settimane, con il favore del vento, le navi battezzate con i nomi dei Santi Pietro e Paolo avevano solcato l’Artico verso sud, ma la leggendaria terra di Gama, disegnata sulla mappa di Delisle mai emerse da quel deserto d’acqua. Solo una volta, nel riflesso della superficie, la vedetta avvistò alcunché di nero coperto da uccelli marini innumerevoli. Scandagliando l’abisso, si avvicinarono, finché non scoprirono che l’isola rocciosa altro non era che una balena morta, ingigantita dal gioco del miraggio e trascinata bocconi alla deriva. Quindi verso nord-nord-est si fissò la rotta. Di notte talvolta il mare luccicava, e alle vele spruzzate dalle creste delle onde restavano appese scintille luminose. In un secondo miraggio apparve una sera, lungo la linea dell’orizzonte, una striscia di terra di marmo bianco, cristallino, ma fu solo la mattina del 15 luglio, sei settimane dopo la partenza dalla baia di Avača, che Steller, sempre in coperta fin dal primo mattino, vide davvero, tra le nuvole che sfilavano basse, l’immagine dal pallido tratteggio d’una catena montuosa. La sera di quello stesso giorno la nebbia scomparve per intero. Un cielo nero incombeva ora sul mare, e i picchi sfrangiati dell’Alaska, coperti di neve, si esibivano, questo parve a Steller il termine adatto, nelle sfumature del rosa e del viola. Vitus Bering, che per tutto il viaggio era rimasto disteso nella sua cuccetta, fissando il soffitto di travi, salì per la prima volta sul ponte richiamato dalle incessanti grida di giubilo dell’equipaggio e, in preda al più cupo scoramento, contemplò quello spettacolo.
[ da Secondo natura. Un poema degli elementi, W.G. Sebald, Adelphi, traduzione Ada Vigliani ]
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