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al testo di Fabrizio Giulietti
Lapolide
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Gli piaceva consumarsi all’asciutto non spingeva mai furono in molti ad avvertirlo ma se sapeva del passaggio aveva anche una sua idea e in più c’era il suo culto quella parte del passato con quel tempo che rientrava era come una rivalsa non riusciva a rassegnarsi poi gli dissero che quello era il suo nome e che dopo averla vista non sarebbe più tornata.
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Darlene
- 01/11/2021 10:53:00
[ leggi altri commenti di Darlene » ]
Nei versi iniziali di questa breve narrazione, intravediamo l’immagine di un uomo che cerca di condurre un’esistenza quanto più possibile scevra da convenzionalismi e condizionamenti precostituiti («consumarsi all’asciutto»). La sua vita oltrepassa gli angusti limiti delle credenze e delle certezze acquisite. Le conseguenze non lo coinvolgono, né si cura delle opinioni altrui. La sua stessa realtà lo trascina come corrente libera di un fiume. Conosce bene e prima di tutti la natura del «passaggio», ma non intende rivelarne i segreti. E non per sentimenti di rivalsa, ma per quella personalissima «parte del passato» e del «tempo che rientrava». Nella sezione conclusiva, sopraggiunge una misteriosa ed enigmatica figura femminile. Sappiamo che «gli dissero che quello era il suo nome», senza alcun altro indizio o legame di partenza. L’apolide... La giovinezza, o forse la vita stessa. Il tempo di sfiorarla, e non c’è più.
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