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Il potere dei senza potere

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Riproposto dalla Casa Editrice Itaca, ho letto con molto interesse “Il potere dei senza potere” di Vaclav Havel. Chi è stato Havel al giorno d’oggi lo sappiamo. Ma nel 1978, epoca in cui scrisse il manoscritto, lo conoscevano in pochi, almeno in Italia. Erano gli anni dei due blocchi contrapposti, Est e Ovest, Comunismo orientale e Consumismo occidentale. Il Muro divideva Berlino e i cuori degli europei, la Guerra era Fredda.

Havel, tra i fondatori di Charta 77 in Cecoslovacchia, scrive questo saggio in cui analizza il totalitarismo e la strumentalizzazione ideologica in cui consiste.

Per Havel il cambiamento dei regimi socialisti legati all’Unione Sovietica poteva avvenire solo partendo dal cambiamento del cuore dell’uomo, da un amore verso la verità di sé, non scendendo a compromessi o cedendo ad una falsa vita, forse anche comoda ma alla fine insoddisfacente. Coloro che vivono in questo modo e si comportano di conseguenza sono chiamati “dissidenti” dal regime. Ma chi sono i dissidenti, secondo Havel? Non sono una categoria sociologica, sono “persone comuni con preoccupazioni comuni e che si distinguono dagli altri solo perché dicono ad alta voce quello che gli altri non possono o non hanno il coraggio di dire” (pag. 81).

Il libro di Havel nel 1978 in Italia passò del tutto inosservato. Eppure quello che Havel denunciava riguardo il totalitarismo di matrice sovietica, valeva anche per l’ideologia del consumismo che si stava vivendo dall’altra parte della Cortina, in Occidente.

Scrive Havel: “Qualche volta è necessario toccare il fondo della miseria per poter capire la verità, così come dobbiamo spingerci fino al fondo del pozzo per riuscire a scorgere le stelle… Nelle società democratiche, in cui l’uomo non è così palesemente e così brutalmente violentato, questo cambiamento fondamentale della politica è ancora lontano, e forse quando le cose peggioreranno la politica ne scoprirà la necessità. Nel nostro mondo, proprio grazie alla miseria in cui ci troviamo, è come se la politica avesse già compiuto questa svolta: dal centro della sua attenzione e del suo beneplacito comincia a scomparire la visione astratta di un modello positivo, capace di salvarsi da sé …” Parole quasi profetiche, scritte nel 1978. La degenerazione del nostro sistema politico, fondato sull’egoismo di partito, di corrente, personale è sotto gli occhi di tutti ed è una della cause della crisi che stiamo vivendo.

Quello che cambia la storia è quello che cambia il cuore dell’uomo. Da qui dobbiamo partire. “Ci si domanda …se il futuro più luminoso sia sempre veramente e soltanto il problema di un lontano là. E se invece fosse qualcosa che è già qui da un pezzo e che solo la nostra cecità e fragilità ci impediscono di vedere e sviluppare intorno a noi e dentro di noi?”

Così chiude il saggio di Vaclav Havel, dissidente e primo Presidente eletto della Cecoslovacchia democratica.

L’attualità di questo saggio è evidente. Havel nel 1978 ha toccato il nocciolo della questione, dei rapporti tra libertà dell’individuo e potere dello Stato, tra potere dell’ideologia e potere della Verità.

“Non è detto che con l’introduzione di un sistema migliore sia garantita automaticamente una vita migliore, al contrario, solo con una vita migliore si può costruire anche un sistema migliore” scrive Havel.

Come non riflettere ancora oggi su quanto il profetico Havel ci ha lasciato scritto in questo saggio?

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