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Via al decreto antistupri ma con le ronde soft

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La Repubblica

Via al decreto antistupri
ma con le ronde soft
di LIANA MILELLA


Il ministro Roberto Maroni
ROMA - "Previa intesa col prefetto". E' questo l'inciso che dovrebbe consentire alle ronde di passare per decreto, ma in una formula che le ancora al controllo del Viminale. Una condizione determinante. Che, qualora non fosse scritta potrebbe costare al ministro dell'Interno Roberto Maroni e al governo Berlusconi un "niet" del Quirinale alla controfirma del testo. Il titolare della Difesa Ignazio La Russa mantiene ferma la sua posizione - "Sono per il ddl" - e lo stesso Cavaliere rinvia a oggi l'annuncio definitivo nella conferenza stampa post-consiglio ("Le ronde? Se ne parla in cdm" diceva ieri). Perfino Umberto Bossi sfuma ("Non so. Non ho sentito Maroni. Vediamo a palazzo Chigi, lì può cambiare tutto").

Ma al Viminale, soprattutto dopo l'incontro di Maroni e del sottosegretario Alfredo Mantovano con il capo dello Stato, s'è lavorato su due punti chiave: ronde e tempo di permanenza nei Cie, che Maroni considera strategici nella lotta all'immigrazione. Il resto va de plano. Napolitano non ha obiezioni sulle norme anti-stupro.

Nei 13 articoli quella parte è scontata. Carcere obbligatorio per i violentatori di donne e bambini, pena massima fino all'ergastolo se la vittima è uccisa, gratuito patrocinio (proposto dal Guardasigilli Alfano), abolizione d'ogni beneficio carcerario per gli autori dei reati. E poi, presi di peso dal testo approvato alla Camera, i sei articoli sul nuovo reato di stalking, le molestie insistente punite da sei mesi a quattro anni.

Certo, Napolitano ha subito fatto un'osservazione a Maroni e Mantovano. Molto lungo un testo che avrebbe dovuto contenere solo un paio d'articoli. Ora sono 13. Non solo: nonostante la raccomandazione fatta lunedì, di inserire le norme già in parte approvate alle Camere (come stalking, gratuito patrocinio e le stesse ronde), ecco che nel dl ricompare il prolungamento di permanenza nei Cie che, almeno fino a ieri sera, era fermo a sei mesi. Gli attuali 60 giorni, moltiplicati per tre.

Ma sono le ronde che preoccupano Napolitano, ex ministro dell'Interno supergarantista. La formula del Senato è cambiata. Lì era scritto: "Gli enti locali, previo parere del Comitato provinciale ordine e sicurezza, sono legittimati ad avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini". Ben diverso il testo attuale per il ruolo determinante del prefetto sia sul controllo delle associazioni che sull'incarico definitivo, oltre alla precisazione esplicita che le ronde non devono essere "armate".

Dirà il decreto: "I sindaci possono avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati, previa intesa con il prefetto, che ne informa il comitato provinciale, al fine di segnalare agli organi di polizia locale o alle forze di polizia eventi che possono arrecare danno alla sicurezza urbana o situazioni di disagio sociale".

Le stesse liste di associazione saranno tenute e controllate dal prefetto e al Viminale sono convinti che le infiltrazioni sono impossibili e che la formula può tranquillizzare anche chi, come La Russa, teme che le ronde ("Non mi piace il termine, fa pensare a persone che girano col bastone padano o col tricolore") siano vissute come "sostituti delle forze dell'ordine". Per certo l'idea non piace ai sindacati di polizia che, in un appello unitario (Siulp, Silp-Cgil, Siap-Anfp, Ugl, Consap-Italia sicura, Coisp) a Napolitano, esprimono "massima preoccupazione perché lo Stato sta per rinunciare a una sua funzione irrinunciabile, la gestione della sicurezza".

(20 febbraio 2009)

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