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al testo di Ottavio Brancalion
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Mani caldissime, le sue, reggevano
l'ultimo chiarore del giorno rovente. Braciere di legna ancor schioccante le cui dita dei piedi carezzavano - in attesa di un nuovo crepuscolo - la sabbia. Il mare dinanzi diventò specchio, genio improvviso, privo d'avviso, o bagliore indicante il divenire riflesso ove il suo viso, equazione d'altro viso e i suoi occhi, somma d'altri occhi e la sua vita, divisione d'altra vita teneva traccia il casuale destino. Come poteva non innamorarsene! E' destino caldo, un fuoco nel gelo che t'avvicina. Scogli bianchissimi disposti a file, incastrati tra cuscini rosa e rossi s'aprono a mezze lune. Fili di seta attorno come abbracci o uncini ora bui, ora chiari, ora cipressi marrone ed ebano accarezzano l'ampia distesa sfumata da kaki e tabacco contornata da striscioline nere e verdastri ove il bivio dei monti presagire si può. Sommità colme, sazie, le cui cime ampie e brune se lambite dal vento e punte da nobili rostri mandano in onda sinusoidi telluriche scosse fin dentro al mare irrompono, e minute e grandi lamine s'aprono. Pescatori chinati su piccole barche col cappello di paglia cambogiano bucato mirano in mezzo alla burrasca sorridente l'alto spigolo del faro splendente, guglia. E' destino caldo, un fuoco nel gelo che ora t'abbrucia. |
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