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Stralci di gabbiani a fil di porto 

criniere pelle e ossa

batto i denti in codice masticando il filo dell'orizzonte

e l'onda e Londra mi ricordano il fango di altri ponti

la clessidra magica vuotata sulla spiaggia

i canneti a sbalzo sulla contrada dove il fiume guadagna la frusta del suo nome

rintocchi esagonali di campanule allo iodio

dove le tue gambe si confondevano con i giunchi senza nodi

il vento ha ancora il coraggio di scompigliarti i capelli ghiandaia

la risacca della tua risata si addormenta sui lastroni verde rame

in controluce l'effige scalza del tuo andare per prati

eppure non c'è speranza nei ritorni di fiamma

e quello che ancora arde più non scalda

le mie mani palmate sgocciolanti mucose d'invidie

refrettarie a qualsiasi inchino che non sia un adagio lento bere da una coppa

si sdoppia poi moltiplica il ricorso a danze per non venir meno la domenica

a una festa piume d'oca e camomilla confindustria di veli sciolti e spremute

d'arancia. Ancora mi sgorga l'azzurro triste dei tuoi occhi dalle fontanelle

di neo nato, è un cielo senza più rimpianti d' oltremare, tutto questo asfalto che ci porta dove vogliamo andare e siamo stati già almeno una volta, prima che il sole impallidisse sui fianchi vaporosi della donna che c'ha fatti morire a caccia d' ambra nei suoi abissi. Così si vive d'espedienti pale ale e un sorso in più o in meno fa la differenza, oltraggio di parole sgretolarsi, un bacio forse, una carezza d'altri tempi.

 

 Lorenzo Mullon - 09/02/2014 13:52:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Ah, ma caro Adielle, noi ci incontriamo già, non te ne sei accorto?
Se guardi dentro, ma dentro dentro, mi troverai.
Avevo scritto...

In sogno
ho attraversato
una stanza dopo l’altra
di un immenso corridoio
e l’ultima porta
che ho aperto
era la prima
delle tue

...ma spesso noi poeti siamo i più deprimenti, non capiamo quello che scriviamo, quello che scrivono gli altri, quello che abbiamo realmente tra le mani, alchimisti inconsapevoli.
Non ci sono metafore nelle poesie, è tutto vero.
Poi dalla teoria bisogna passare all’azione.
Ci ho messo quarant’anni per arrivare ad un barlume di pratica, e ancora mi sento un apprendista alle primissime armi.
Però, almeno, conosco la direzione.
È tutto il giorno che scrivo commenti sulla mia piccola e tardiva scoperta, e su quanto restiamo indietro, indietrissimo.
Lo scrivo sapendo di non essere compreso.
Peccato!

 Adielle - 09/02/2014 11:42:00 [ leggi altri commenti di Adielle » ]

...nostalgia di comete, grazie Lorenzo.

Cristina sei così cara.

Amina grazie

A voi non prende mai la voglia d’incontrarsi?

Sarà che proprio ieri ho incontrato la mia giovane infermiera di un mese psichiatrico a poco più di un anno di distanza dal mio ricovero. E’ stata una strana serata, un ritrovarsi molto alcolico, che esuberanza canterina, sono suo oggetto di studi, mi ha detto, poi è corsa dentro al bar e ha interpretato a modo suo "senza vento" dei Timoria.

 amina narimi - 09/02/2014 00:21:00 [ leggi altri commenti di amina narimi » ]

sono dentro le tue parole come su un altopiano mentre descrivi un’opera d’arte visiva, rivelando e portando alla vita particolari invisibili
si legge in fretta per arrivare in fondo e risalire la tua Poesia
eppure è "un adagio lento bere da una coppa"
di quelle fontanelle su un pianoro
dove l’azzurro con il luppolo si condensa donando il Verde

Ciao Adielle

  Cristina Bizzarri - 08/02/2014 22:02:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Ci vorrebbe un lettore più "equipaggiato" di me per dire i contrasti, gli slittamenti di senso, i giochi linguistici e le acrobazie verbali - le associazioni di immagini e significati - contenuti nel tuo testo poetico. Io non possiedo che termini di uso comune e qui, secondo me, sarebbe il caso di analizzare il testo con ben altra maestria per evidenziarne il valore poetico, estetico, stilistico, semantico. Spero che chi ne è capace lo faccia, senza falsa modestia ... :)

 Lorenzo Mullon - 08/02/2014 17:58:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Ma c’è un azzurro che sgorga dalle fratture del ghiaccio, azzurro profondo, sangue d’acqua, come il nero lucente tra le placche d’asfalto, linfa di antiche foreste, compresse da rocce milionarie, riportate alla luce dagli orchi, segnano ancora la profondità del cielo da cui sono cadute, richiami di stelle, voci che si rispondono da una parte all’altra dell’universo, nostalgia di comete

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