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al testo di Adielle
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Sul calare a sera del postulato giunco corda che debba avere comunque un confine e risorga il pensiero che tormenta fiato substrato e credenza la perdita di controllo sulla vita che va a cavarmi di bocca il penultimo perchè sulla soglia del padre antico sogno frastuono di verità scissa dal resto che incede sbiadito sul fondo qualcosa capisco e molto mi sfugge lo vedi da te con gli occhi montati sul palmo delle mani a toccare quello che scompare tra uno scarto di lato e un'ascensione immortale...
L'abbaiare dei cani segnala l'intruso in un gioco di ruolo in cui interpreto la parte di chi non ha fede nel più sfortunato degli dei palude, chiostro rauco del non avvento mi redime l'asciutto pentirsi della mia volontà abbandonare tutto per trasfigurare più in là dai padroni del cosmo che vendono fiori fuori dai cimiteri assetati di castità un albero che non dà frutti nè figli da sacrificare sugli altari prima che agnelli sgozzati molto prima che giunti di seta o radici pietre tombali frenetici incisi tempo divaricato pronto per lo stupro inverso di un addio interrotto dalla seduzione che possa tornare ad abbracciare l'uomo il suo destino ammaestrato.
I giorni in cui ero un viaggio di frodo sono lontani ormai o d'estate un vento fuorilegge da quando ho certezza che non tornerai oggi che penso ai miei sbagli penso che è un oggi di tanti anni fa e l' inverno si districa bene tra i riflessi borghesi negli specchi gloriosi e la mia condizione di reduce da una guerra che non esiste se non nella mia mente divisa a metà un prima e un dopo nulla che possa accadere ma tutto è già accaduto anche la felicità.
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