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al testo di Adielle
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Destituita la Cordigliera dalle anche si sciolse i polmoni alla finestra guardando fuori pensò se fossi Dio avrei più di un pretesto per cacciare l'uomo dalla storia l'uomo e la donna, refuso di costole sedotte. Essere cattivo, pensare a male, strapparsi il cuore dal petto per vederlo battere ancora qualche secondo, poi morire andare al mare, scavare una buca e seppellirlo a favore delle onde o meglio dei cani randagi, dissipato ai quattro venti agli angoli del Mondo. Ma poi sorrise quel suo ghigno che voleva dire non adesso avrò la mia vendetta. Perchè tutto trema se tremano le vene ad un dio che non ha paura della morte. La sottana maledetta della sua lunga notte non lo coprì fino alle ginocchia così le domande non trovarono risposta che nell'aria del suo scroto. Sei un matto? Sei un poeta? Chi cazzo sei una buona volta? Vedi questa corona che mi arreda? L'ho strappata dalla mia testa mozzata. Ero un bambino che piangeva perchè sua madre lo teneva chiuso fuori casa mentre perdeva i sensi con la sbronza istituzionalizzata a segmenti di creta muta, sorsi colorati di broccati fuori moda l'altura delle sue cadute da recuperare dal fondo del bicchiere a mo di spelonca, antro della bestia a Cristo morto. Padre crocifisso alla colpa di essere astemio. Tubercolosi del pensiero unico. Poi l'affondo con le vene sul pavimento ad anni luce di distanza vieni nel mio mondo come fosse una preghiera straordinaria e non il titolo di qualche romanzo sedentario. I capelli lunghi, il sesso funzionante la voglia di amare da crepar la pelle. Mio giovane Carver dal refuso di provincia dove riponi la tua macchina hai contato gli errori delle stelle? Che ancora non tracciano le rotte su cui dissipare ultimi desideri di comete a scintille stratificate? Lasciami qui come sai fare. Non mi destare dal mio sogno premonitore prima che ti possa diagnosticare una santissima fine. Ogni tanto per fortuna un padre sempre nuovo di zecca a riempire il fienile per i falò su in collina. Vita o morte. Nelle reni le redini per una buona spinta fino al coito solitario di un' antica specie che non genera. La pressione della carne da tenere a bada in riva al fosso oppure la lama, il salto nel buio, il vuoto cosmico. Pur di avere il mondo m'hai lasciato a perdere il fiato sulle mie costole di rifugiato. Guarda è fuggito in sudario quel povero pazzo con uno scheletro di coralli a forma di puttana bocca spalancata a gonfiarsi di vento fino a dove lo consentano le ossa! Possono le parole far paura? Degenera. Chiudi gli occhi, ansima prega di non morire ma la Luna stanotte è una falce sanguinaria che ho in pugno mentre danzo. Su chi piega il lungo collo? La serenata del cobalto? Le mie vene non si arrendono alle voci che le vogliono appese al capo come tante piccole fedi attorcigliate. La mia linea d'ombra è il cuore ecco perchè il Sole finge di capire. La fiducia tradita, la ragazza è cambiata e ti lascia per un altro e tu vanificato nella rincorsa paghi dazio al desiderio che non incarni. Il cancro che fa faville nella carne tenera dei buoni, per costituzione l'unico addio che non hai sopportato fino alla fine. Le ultime volontà sospirate da lenzuola bagnate. Così è morto quel Cristo di tuo padre. E poi lavorare stanca il maestro smette d'insegnare ma una ragazza nuova ti fa brezza. Poi tutto finisce e chi ti capisce indossa un camice. Tutto sommato si ostina a non morire questo essere umano e non smette di scrivere per nessuna ragione al Mondo. Al mio paese il grano di montagna è sempre scuro e riccio e le colline ardono fino alle mie porte. Che compio gli anni che mi compiono risorgendo dalla pioggia che va. Gloria a lei nell'aria, ogni volta che mi riporta a casa una goccia per volta. Tornò dentro soddisfatto quanto sciocco chiuse la finestra e la storia continuò di sua natura sepolta sotto una coltre di musica ballabile e brindisi di plastica colorata. Trentanove, sonanti.
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