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al testo di Alberto Castrini
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Il memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l'anatomia del potere italiano. Di Miguel Gotor Sprofondiamo in un'autentica discesa agli inferi con questo corposo testo di quasi 600 pagine. Meglio sarebbe stato continuare, dopo tutti questi anni, a rimanere nel porto delle nebbie. Ricordi che riconosco superficiali, scoprendo ora il balletto del memoriale, rimasto nell'ombra rispetto alle lettere che seguimmo trepidamente. Questa lunga scia di sangue inizia con il rapimento di Aldo Moro, dopo l'uccisione dei 5 uomini della scorta, e il 9 maggio 1978 con l'eliminazione dell'ostaggio, dopo 55 interminabili giorni di prigionia. Dalle 70 pagine dattiloscritte ritrovate dal generale Dalla Chiesa a Milano, nell'ottobre del 1978, si capisce subito che i documenti non attingono tutti direttamente dagli stessi originali. Iniziò una lunga scia di morti fra i suoi lettori, molti ancora senza giustizia. Fra i diretti protagonisti: il giornalista Mino Pecorelli freddato nel settembre del 1979 ed il generale Dalla Chiesa nell'ottobre di 3 anni dopo a Palermo assieme alla moglie Setti Carraro. La tragedia si tinge poi di farsa perché nell'ottobre del 1990 (12 anni dopo) vengono ritrovate, esattamente nello stesso covo milanese scoperto da Dalla Chiesa, 420 fotocopie del manoscritto di Aldo Moro. Sottolineo che Mario Moretti il capo delle B.R. era stato arrestato 9 anni prima. tas Gotor nel suo testo segue, quasi trepidamente Dalla Chiesa che cerca di liberare il paese da queste grinfie malefiche e per questo sarà eliminato! Stima Pecorelli, accusato allora di essere un ricattatore anziché un giornalista che pubblicava ciò che scaltramente indagava e per questo prontamente assassinato. Su tutto emerge la mano, spesso invisibile ma onnipresente, del Maestro Venerabile Licio Gelli e la P2, supportato dalla sua coorte militari, politici, trafficanti d'ogni specie. Come è risaputo, il bersaglio principale di Moro è Andreotti, il Belzebù indicato come connivente con la parte politica più tetra del sottobosco italiano. Tra questi il principe Borghese, il finanziere Sindona e la conseguente mafia siciliana. Ci sono, a parere di Gotor, due Aldo Moro. Uno che negozia coi rapitori per salvare la propria vita, con una linea politica aggressiva verso l'esterno, perché ogni singolo termine stabilisce la vita o la morte sua, l'altro che verga memorie davanti alla sua coscienza e alla storia. Secondo Pecorelli, avrebbe dovuto rivolgersi direttamente al Paese reale. Convulsi, sino alle fine, i tentativi di una parte politica minoritaria per salvare Moro. Fanfani tramite il PSI, Craxi con Potere Operaio. Vengono solo citati, ma non sviluppati, analoghi intenti del Vaticano. Rimangono ancora senza risposte una serie di indigeribili interrogativi. Perché non si sono mai trovati i manoscritti originali e le bobine dell'interrogatorio del Presidente Moro? Incomprensibile il comportamento delle B.R.. 84 persone uccise da “un esercito di killer senza cervello” secondo Pecorelli. Se non utilizzarono il memoriale a chi rispondevano? Quali mani oscure intervennero, censurarono, ricucirono i documenti ? Mani a cui interessava non il testo ma il suo possesso. Chi governò e dominò questo mondo parallelo plumbeo? “Sarebbe bello se ci fosse luce...” conclude Aldo Moro nella straziante lettera di addio alla famiglia. Lo stesso miraggio rimane crudamente attuale per questo capitolo tragico e torbido della storia del nostro Paese!
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