LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Alfredo Rienzi
|
|||
Poeti (di Torino) in 10 righe - 2. Franco TRINCHERO
Franco Trinchero è nato ad Acqui Terme nel 1957, vive a Moncalieri, dopo aver risieduto dal 1962 al 2019 a Torino. Esempio di studioso raffinato, schivo ed appartato, ha pubblicato in versi Vetrofanie inquiete (Menna, 1985), Palinsesto d’amore (1999) e, dopo un lungo silenzio, nel 2014, Verbali d’infrazione (Matisklo Ed., poi, con lievi varianti, Campanotto, 2021). Nel 1999 gli è stato assegnato il Premio Montale per la silloge Nel cerchio stretto di Elpís in Sette poeti del Premio Montale (Crocetti, 2000).Verso la metà degli anni ’90 fonda e dirige per alcuni anni la casa editrice Anaphora. La sua narrazione accoglie ventagli lessicali ampli e compositi, talora arcaicizzanti e desueti, con consapevoli scarti di registro. Poesia “inquietante” (M.L. Spaziani), ricca di stratificazioni artistiche e letterarie, di innesti filosofici, che esplora la fenomenologia del kaos, proprio e del mondo (ctonio e cosmico), avanza su tracce di un’autobiografia transustanziata, solca geografie reali e interiori, labirinti psicoerotici, spesso abitati da «figure femminili […] ora favolose, ora fin troppo carnali» (G. Barberi Squarotti).
STIMMUNG
«coscienzioso, la barba un poco luci- ferina, lo psichiatra fiorentino redige, rimembrando i suoi trent’anni tra carceri goyesche, «Beziehungswahn» scrive (da Kretschmer, citato da Ey), gli scrivo che, per contro, una Wahnstimmung increpò i miei giorni, ma parecchi anni addietro, l’ottantaquattro d’interminati ascolti del Concerto opera cinquantaquattro, e del Manfred nelle notti; l’ottantadue della fuga a Bolzano naufragata in panico e visioni di tregenda, l’ottantacinque dei muri parlanti, piazza Castello raggiunta correndo la notte che il bar Blu era rifugio urente di neon, un atollo emerso dai vapori a confortare col primo caffè la giornata di croce, questo scrivo all’incirca sperando che mi legga nella casa décadente dove fui, in Firenze, con lontana una taverna d’oltrarno, il pane sciapo, l’affresco sopra il desco con Beatrice vestuta di verde e Dante nel suo gesto oltre la croce, non so se suoi o miei gli occhi abbagliati» (Torino, 2009)
da Verbali d’infrazione, Matisklo Ed., 2014, p. 18
ESCATOLOGIA DEL CANE
Il cane che correndo fulminava coi latrati chiunque l’incrociasse, quante vite vantava al suo attivo? Era forse la timida crisalide di un àtropo nell’infanzia del sole, o magari il pavone meditante l’inutile sua specie, ma divina perché in eterno specula e conclama la gloria d’ogni sorte; o ancòra il nummulite che concorse poi alla gran mole pietrosa, e quindi traversò i climi e le arie più varie e diventò fiera e cicogna e gatto, ed aspidistra e rosa, e topazio; ed i suoi morsi, ora, non richiamano la rabbia di un’assenza di radici che non siano la stella un po’ sinistra del dolore? O forse non fu proprio nulla nel suo tragitto precipite, né sarà altro che nulla, e codesto nulla sarà dio, che infinita- mente si avvicina al suo fine
da Nel cerchio stretto di Elpís in Sette poeti del Premio Montale, Crocetti, 2000
LE STOVIGLIE DEL FUOCO
un po’ di labor intus, ma Sanguineti nella cólta esplosione è (era?) a modo suo troppo orfico e c’è da economizzare nella cartografia, le scelte s’impappìnano ai confini: tra l’oceano di Dio e il niente leopardiano qualche tertium strilla la sua modesta indagine, la sua inavvertita detumescenza: magro lucìgnolo, un po’ storto e sibilante, intenerisce, povera cosa che siamo, che Lui è: come fosse un cuscino, si stende sulla frase (spiegazzando la gonna) e l’accarezza, e geme, anche, “pietà della strana appendice” - il fuoco fruga, un tranquillo banchetto senza forbiti accessorî, col sangue rigirato da una bianca volontà fatta a legni secchi discontinui, che non ha peso e fini tra le righe sulla torrida, sulla mai lirica infinitezza guarnita di strappi che chiamano esistenza
da Opere d’inchiostro 1991-1995, Ed. Scriptorium, a cura dell’Osservatorio giovanile di poesia della Città di Torino, 1995.
|
|