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poeti in dieci righe - Franco Pappalardo La Rosa

Poeti (di Torino) in 10 righe - 11. Franco PAPPALARDO LA ROSA

 

Franco Pappalardo La Rosa (Giarre, 1941), laureatosi a Torino, dove vive dal 1963, oltre alla sua attività di critico letterario (uno dei più attenti al Novecento, come dimostrano i suoi studi su Pavese, Gatto, Caproni, Erba, Cattafi Ripellino, Piccolo eccetera),  narratore e romanziere, giornalista italiano (ha collaborato alle pagine culturali Il Giornale del Sud, L'Umanità e Gazzetta del Popolo), ha all’attivo tre volumi di poesia: (Il cuore, la metropoli, 1969; Ultime dalla Còlchide, 1978 ed il recente L'orma di Sisifo - Poesie (1962-2012), 2017, già alla II edizione.

 

Nei testi de L’orma di Sisifo si riannodano i principali nuclei della poetica di Pappalardo La Rosa: con una narrazione limpida, dove lo scorrere chiaro del verso testimonia della lunga frequentazione dell’autore con la poesia del XX secolo, si rappresenta un vasto panneggio di momenti e memorie personali, tra il visivo e il riflessivo, che s’intrecciano – illuminandosi e più spesso adombrandosi - con i fondali della contemporaneità, pronunciata e collocata tra l’originario Sud e la Torino, e che riverberano echi sociali, guardando con umanità i passaggi dell’esistenza.

 

 

 

NEL GIRO DI TERRAZZE

 

Ecco adesso le prime luci dei palazzi

scintillando scintillando

sul grido dei viali brulicanti.

È lo stesso panneggio: che ti aspetti?

Forse, laggiù, sui marciapiedi, chiusi

meglio ci orienta la nozione del tempo.

 

Qui, invece, nel giro di terrazze,

solo la disarmata ostinazione resta,

il groviglio più o meno logico

da cui dipanare il filo dell’esistenza.

 

Poi, magari è una giustificazione

all’architettura dei pensieri, all’ordine

apparente delle cose, alla prettamente

animale certezza di sentirci compresi

nel nostro minimo spazio vitale.

 

Intanto, gli artigli delle nostre mani

graffiano i segni della scienza vuota

per inserirci qualche ordine primo

nell’archivio della perfetta umanità.

 

Tu, dunque, se sei senza peccato,

scaglia la prima pietra; oppure,

se mai trovasi una traccia,

gridalo forte, perché gli altri ti sentano,

perché gli altri si fermino:

perché almeno cessi laggiù

quell’assurda danza.

 

da Il cuore e la metropoli (1962-1969), in L’orma di Sisifo, Achille e La Tartaruga, 2017, p. 38

 

 

SINTESI

 

Cosa vuoi che m’importi

della linguistica strutturale?

Accorgendomi del pasticcio

di cui mi rendo complice

(la vita, certo!), non mi resta

che il silenzio, o al più sfidarlo

con catene d’atti elementari.

Per questo, quando capita, in folle

dribbling mi lancio tra i ragazzini

che nel parco giocano a pallone;

o a profitto mi metto nella piscina

olimpica a contare gli scatti

d’ogni muscolo del corpo. Ed è

una gioia ebbra, da non credere,

un recupero animale che infrange

la logica comune: l’unico mezzo

(forse) per raccapezzarci un poco,

per resistere magari alla lenta

dissolvenza che piano piano

ci cancella.

 

da Ultime dalla Còlchide, in L’orma di Sisifo, Achille e La Tartaruga, 2017, p. 76

 

 

 

RIPOSTO

 

Il vento intrecciò una ghirlanda

di anemoni e la depose ai tuoi piedi.

Egli, Mongibello, il capo di neve

scosse, terribile, in assenso, e fu

stupore di stelle la notte; incantato

poi, fino all'alba fumò la sua pipa

eterna. Era l'estate calda, arieggiava

chiare nuvole il cielo. e tu nascevi.

Al respiro dell'onda più azzurra nascevi,

terra di velieri, di paranze e di speranze,

di indomiti nocchieri giramondo.

Fu l'amore del Mostro a volerti così: con la grazia stizzosa d'una fanciulla

che gioca con la spuma del mare.

 

da Piccola suite etnea (1980-1990) in L’orma di Sisifo, Achille e La Tartaruga, 2017, p. 113

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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