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al testo di Amina Narimi
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Risale per nodi la mano l'll bukhara arrampica piano la scelta, l'll rimando, la disposizione segna radure, approdi, rifugi del sangue la regola l'll movimento filtra la supplica,essuda l'll pensiero purifica, la montagna si fa copricapo sua kuffiya, la radura moschea a tenere segreta la luce ,come d'inverno era scalzo l'll tempo di Amina l'odore dei nascondigli esploso sul viso in minimi gesti Patate e riso,a Shimshal aveva barattato yak con jeki brillanti melograno con latte e chapati Su un fuoco ottanta mondi lontano Mogù a terra, tiene una pentola grande un piatto di ferro di riso e fagioli bruciava dell'aglio contro la piana della paura strofinava l'll suo fianco annusando la luna Una donna sbatteva la luce di là dall'amore, dentro un mortaio sul tetto del cielo di Srinagar cospargeva di semi di lino un seno inquieto di neve tra i più belli d'oriente,tra acqua e montagne cuoceva gli agnelli del caspio e di Dio mentre pregava il ritorno della sua mente -stretta tra i ghiacci del Pir Pnajal- invocava il richiamo del muezzin di Roza Bal,della fede quando risuona l'Asham
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