Racchiude le costole l'anima in fiori di felce e limonio con pane d'aria, a bagno nei versi,mi copro le spalle e da me stessa Sul mistero si solleva la veste per terra s'incontra la carne dove l'avorio riluce in dolore avviene il possesso dove si perde la vista la nudità ci raggiunge: meno che una carezza mi assomiglia questo Natale Rinascono le ore giù per il boscovecchio si fa sacra ogni minima fibra canto di nostalgia la messa tra gli alberi scossi di consonanza ricongiunge le mani poi vola nel taglio più bianco di luce del mondo, sigillando la vocazione del sogno
|
Lig E. Norant
- 14/12/2015 06:30:00
[ leggi altri commenti di Lig E. Norant » ]
C’è come un’ingenuità di scrittura rispetto a quello che ne sarà il futuro, senz’altro più maturo e consapevole di sé, più fermo nella regia delle parole; o almeno questo sembra alla mia modesta capacità di lettura e del testo e della biografia poetica dell’Amata Autrice. Tuttavia in questa ingenuità nulla manca: non manca il luogo dell’estasi - il boscovecchio -, non manca la fisicità della carnalità espunta delle impurità sensuali, restituendole un’ascetica della corteccia cerebrale sulle "asperrime" vette dello Spirito -, non manca il canto del dolore (tornerà ancora tema ricorrente nei suoi testi successivi), non manca la celebrazione laica e profondissima dove la Poeta conduce il sogno al Sacro. E ciò accade perché Amina possiede grandemente il dono fertile della maternità in Poesia: grembo della parola, terra capace di accogliere la Vita quando ancora non è stagione di mietitura; ma è proprio per questa sua maternità, che i suoi versi sono odorosi come prati fioriti, oppure sapidi come il pane che nasce dal grano buono. Elle celebra nella sua bocca d’arte, già il divino che è in nuce nell’umano. Mai privo di luce e ombra, di gioia e dolore. SempreMiaInsuperabilePoetessa.
|
|
|