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al testo proposto da Amina Narimi
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Se il pensiero è la rosa paffuta carnosa il verme della luce la guarda. Il trapasso e l’ebbrezza - rosa pallida e vermiglia - il pensiero sfogliato - rosa secca decapitata -. All’inferno delle rose senza stelo senza spine senza petali e profumo ed il verme le somiglia.
Se la rosa non è il pensiero, il carnoso l’odoroso il colorato non è il futuro o il passato ma questo presente maturo che luce e verme ha divorato.
Rosa sfrenata forma fremente profilo stregato non più rosa bella imbelle ma vortice petalo polpa tinta profumo spiumati in rovinosa aria rossa
Se ti metto nel quadro rosa rossa sei viva o morta? E il mio occhio che ti guarda si scava già la fossa siamo appesi ad un muro per la mortalità. Farò un quadro sul mio occhio che ti guarda ti ha guardato ti guarderà. Occhio spinoso o vellutato con il titolo: Guardato da una rosa che guarda un occhio.
Rosa colta o non colta presto o tardi perisce la tua spina ritorta viva o morta ferisce Se la spina ferisce la mia morte è sottile lento verme infinito che la fine fa vile. Le faville di rosa nella lente immortale sono la bella cosa - mio respiro mio sale. Nessun foglio lo scrive senza più rosa vive danza intorno alla rosa quello che qui si è perso.
Intorno a qualche cosa danza ancora qualcosa? Se è il fruscìo di una rosa assomiglia a un mio verso
Tre coplas per Jorge Manrique
Rosa aulentissima fresca non sai d’essere una rosa creatura Ti senti albicocca o pesca di un’altra più zuccherosa natura Allo specchio che importuna tu rispondi con il sonno resti chiusa Invisibile regina che vuol essere dal mondo esclusa.
Rosa sola e relativa assoluta sola rosa sulla scena. Semi morta semi viva con la posa senza posa fuori scena Giù il sipario ed ogni ora in un battere di ciglia si fa tarda Si cancella la signora chi la sogna chi la veglia chi la guarda.
Intorno nessuno danza non ti chiama più coi nomi di un bel fiore C’è l’ignorare l’assenza dimenticare illusioni di un colore Qualcuno fece il ritratto al tuo corpo rapinoso e ignoto Questo è stato l’ultimo atto poi il mio verso fu noioso e muto.
Da “Notte alta” di Lucetta Frisa (Book edit |
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