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al testo di Amina Narimi
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Dall'ombelico al timo, rotolandoci nel fango colmi di raggi nell'ignoto, sbiancando come cenere e un animale di cristallo nel magistero chiaro di bellezza, e nel suo grembo una folata d'acque, che ondeggia come un fiore un grido d'oro al vento, e nuota nel flutto, nuota, danzando sulla pozza nera indifferente
Chiamavamo ogni forza, in altri spazi, notte misteriosa , una manciata di zapiskj, un iman acceso agli occhi ricombaciava l'ombelico con le stelle e il fiato perso dei suoi passi nel pieno dello scuro, senza domande nelle ossa.
Miopiccolo re, fradicio di luce, prestami la voce e il copricapo a fiori per il miele, per l'haoma dell'avesta se mi baci a lungo, se mi spingi col muso in avanti [ terribilmente bello ]
coi lupi d'argento in viso, e ad ogni ora tirando i fili dei baccelli per giocare una capanna di colori sui fianchi delle acacie, immersi fino al collo in questa nuova casa, come un soffio d'arpa nella pelle attraverso i secoli dei sogni, essere ogni cosa a fare petalo, nel fango, impastato alla saliva del tuo accento
lo vedrai salire dal fondale nell'aperto dell'amore, con scintille, per l'intero corpo trasparente, nel dolce movimento verso.. che è già amare. |
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